SANTORO: LE “ORIGINI” FINO AD ANNOZERO

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Dalla carta alla radio, il successo in Rai, i litigi con la dirigenza, il passaggio a Mediaset. Poi il ritorno in Rai, il licenziamento con tanto di risarcimento, l’esperienza politica in Europa e il ritorno nella tv di Stato. Stiamo parlando della carriera di Michele Santoro. Ma iniziamo dalle “origini”.
Nato a Salerno nel 1951, laureato in Filosofia, Santoro inizia a scrivere su Servire il popolo, un giornale di partito dell’Unione Comunisti Italiani. Il partito si sciolse e la testata fu chiusa. Santoro passa al “vicino” periodico del Pci, La Voce della Campania, di cui fu anche direttore. Tuttavia ne fu allontanato perché non aderente alle posizione ufficiali del partito. In seguito una serie di collaborazioni con L’Unità, Il Mattino ed Epoca. Nel 1982 la prima svolta: viene assunto in Rai. Inizia dalla Radio: conduce rubriche, scrive sceneggiati radiofonici. In seguito c’è un breve approdo al Tg3, di cui fu anche vicedirettore.
Nel 1987 inizia la sua “vera” carriera televisiva con Samarcanda. Si tratta di un talk show (trasmesso su Rai3 e in collaborazione con la redazione del Tg3) incentrato su attualità, politica e cronaca. Santoro è sia l’autore che il conduttore. Il programma va in onda fino al 1992: 5 anni ricchi di storia. Infatti Samarcanda tratterà episodi “epocali” come la caduta del Muro di Berlino e Tangentopoli. Il pubblico premia gli sforzi. Infatti gli ascolti crescono costantemente: da circa 800 mila spettatori ad una media di 4,5 milioni con uno share che a arriva a sfiorare il 20%. Un risultato notevole per la prima serata di Rai3. Nel 1992 Samarcanda vince anche il Telegatto come migliore trasmissione di informazione e cultura.
Nel 1993 Santoro lancia Il rosso e il nero. Cambia il titolo, ma non la sostanza. La struttura e la mission della trasmissione è la stessa di Samarcanda. La redazione, di cui fanno parte anche Riccardo Iacona e Sandro Ruotolo, non cambia. Ma una novità c’è: nel corso del programma viene effettuato un sondaggio di opinione per via telematica su un campione precostituito di 800 persone. L’esperimento funziona e in seguito sarà ripetuto e migliorato. Gli ascolti ci sono: si supera il 22% di share nella prima serata di Rai3. Tuttavia nel 1994 la trasmissione viene sostituita da Tempo Reale. Ecco che l’esperimento “telematico” acquista concretezza. Infatti il titolo e i contenuto del programma sono ispirati alla capacità degli strumenti telematici, come il web, di raccogliere e diffondere le informazioni in tempo reale. In ogni puntata internet è usato per sondare le opinioni dei teleutenti. Anche Tempo Reale ha lo stesso seguito delle precedenti trasmissioni.
Tuttavia nel 1996, i rapporti di Santoro la Rai, complice la vittoria dell’Ulivo, si incrinano. Tempo Reale vine cancellata (triste preludio!). Emblematica una dichiarazione dell’allora neo presidente, Enzo Siciliano: «Santoro chi?». Il conduttore pretende le scuse, ma non le riceve. Ecco che si accasa subito a Mediaset, dove lavorano gli amici Costanzo e Mentana. Il direttore di Canale 5, Giorgio Gori, è entusiasta: «Mi sono battuto perché venisse a Mediaset, ma se la Rai lo avesse trattato con più rispetto non l’ avrebbe mai lasciata». Capisce lo sbaglio Angelo Guglielmi, ex direttore di Rai3: «La Rai è stata scervellata e suicida» (e lo sarà anche in seguito!).
Ma ormai è fatta. Nel 1996 lancia su Italia1 Moby Dick. Lo seguono Iacona, Ruotolo e Formigli.
Il successo tarda ad arrivare. Infatti il doppio appuntamento settimanale, il martedì ed il giovedì, viene ridotto al solo giovedi e la trasmissione viene spesso battuta dal programma concorrente di Lucia Annunziata. Solo successivamente otterrà successo e sarà affiancato da Moby’s, un puro reportage giornalistico senza dibattito in studio, in onda in seconda serata sempre su Italia1.
Moby Dick va in onda fino al 1999. In quell’anno c’è la guerra in Kosovo. L’evento non passa inosservato. Addirittura in una puntata fu condotta da Santoro a Belgrado. Il conduttore intervista gli operai serbi delle fabbriche bombardate dalla Nato e i civili che presidiano i ponti con i bersagli al collo. Le critiche furono aspre: Marco Pannella ribattezzò la trasmissione come TeleMilosevic; Antonio Di Pietro, in studio durante la diretta, tacciò Santoro di essere fazioso; CCD ed AN criticarono aspramente la puntata accusando Santoro di voler difendere Milosevic; anche Enrico Deaglio ed Enrico Mentana ne presero le distanze. Santoro respinse le accuse sostenendo che anche le ragioni dei cittadini Serbi dovevano essere sentite e che si sarebbe dovuto trovare un modo alternativo alla guerra per ottenere la pace in Jugoslavia.
In ogni caso il 1999 fu l’ultimo anno in Mediaset. La separazione non avviene in modo politicamente corretto. «Mediaset non offre tv di qualità. Da cittadino non posso pretendere la qualità solo dalla Rai, perché pago il canone. La sfida di buoni programmi deve essere anche di Mediaset, che non è gratis: tutti noi la paghiamo, comprando i prodotti pubblicizzati dalla tv commerciale», afferma Santoro.
Nell’ottobre del 1999 Santoro ritorna in Rai e lancia Circus, questa volta sulla rete ammiraglia. Si tratta di programma di approfondimento giornalistico itinerante che viene trasmesso sotto un tendone da circo, con cadenza mensile nel 1999 e poi con cadenza settimanale dal gennaio fino al maggio 2000. Il programma è molto diverso dai programmi condotti in precedenza perché Circus affronta vari argomenti, proprio come avviene nello spettacolo circense. «Circus nasce da una analisi strutturale dei numeri del circo, espressioni di un linguaggio non verbale ma tuttavia costruito secondo schemi riconoscibili e decodificabili», dichiara Santoro.
Nel 2000 ancora un cambiamento. Nasce Scuscià, un programma che alterna, a seconda dei giorni, dei reportage “cinematografici” a dei talk show. Gli argomenti erano sempre inerenti all’attualità politica e sociale. Nel marzo del 2000 Santoro lancia anche Sciuscià. Il programma va avanti fino al 2002. Il 18 aprile di quell’anno avviene “l’editto bulgaro”. In altre parole l’allora premier Berlusconi accusò Santoro di fare un «uso criminoso» della tv pubblica. La trasmissione verrà sospesa nonostante facesse buoni ascolti. Per “protesta” Santoro canta “Bella ciao” in diretta. Forza Italia inoltra varie denuncie all’Agcom per faziosità e violazione della par condicio. Addirittura il presidente Rai Antonio Baldassarre arriva a dire che «il programma di Santoro non è degno di un paese civile. Può andare bene per il Venezuela, non per l’ Italia». Orami è fatta. Il 31 maggio va in onda l’ultima puntata di Sciuscià: il Cda RAI, a maggioranza di centrodestra, cancella il programma, per motivi di tutela aziendale. Dunque Santoro deve lasciare la Rai: lo “accompagnano” anche Enzo Biagi e Daniele Luttazzi, anch’essi duramente attaccati da Berlusconi.
Santoro non si dà per vinto e fa causa per licenziamento senza giusta causa. Nel 2005 il Giudice del lavoro di Roma dà ragione al conduttore. La Rai è costretta a pagare 1 milione e 400 mila euro al giornalista, oltre che reintegrarlo, ma Santoro tornerà in Rai solo nel 2006 con il governo Prodi (dopo una breve parentesi come parlamentare europeo nella lista “Uniti nell’Ulivo”). Ecco che il 14 settembre del 2006 inizia Annozero. Il resto è storia “recente”.

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