ROGNONI SULLA RAI: LA SOLUZIONE POTREBBE ESSERE IN UNA LEGGE DI TREMONTI

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La Rai ha 300 milioni di debiti con le banche. Il 2012 è incerto. I tagli a fiction, cinema e animazione impoveriscono il Paese. Lo Statuto Rai prevede già un presidente manager. Una legge di Tremonti potrebbe risolvere il problema della nuova governance.
Carlo Rognoni, su Il Riformista del 29 marzo, dice la sua su Viale Mazzini. Il giornalista introduce l’argomento facendo parlare Manuel Castells, autore del libro “Comunicazione e potere”. «Chi pensa che l’informazione conti meno del lavoro sbaglia di grosso. I media non sono il Quarto Potere. Sono molto più importanti, sono lo spazio dove si costruisce il potere…lo spazio in cui le relazioni di potere vengono decise tra attori politici e sociali in competizione». Parole che non hanno bisogno di commenti.
Rognoni invoca una Rai libera e indipendente. Tale desiderio necessita di «un terreno neutro e un arbitro non venduto». La tv di Stato non ha nessuno dei due requisiti.
Il giornalista ridimensiona i 4,1 milioni di attivo nel bilancio del 2011. Anche altri giornali, soprattutto Il Fatto quotidiano, hanno sottolineato la natura effimera e velleitaria di tale surplus. Sicuramente l’attivo, seppur minimo (il fatturato Rai è di quasi 3 miliardi), è servito ad annullare l’ipotesi commissariamento e ha dare al Pdl una ragione in più per confermare il dg, Lorenza Lei, ma soprattutto l’attuale meccanismo di governance.
Rognoni sottolinea i guai finanziari della Rai: 300 milioni di debiti con le banche; primo trimestre del 2012 con un -17% di pubblicità raccolta (dato devastate e forse il più preoccupante in prospettiva); inoltre non è sicuro che i 150 milioni spesi per i diritti tv di Europei ed Olimpiadi rientrino tutti.
Il giornalista sottolinea un altro dato: gli investimenti per le fiction sono passati dai 270 milioni del 2007 ai 197 del 2011. Pazienza, tanto a chi vuoi che interessino, direte voi.
All’industria audiovisiva e cinematografica italiana, risponde Rognoni. «Fiction, cinema, animazione, sviluppano la creatività e la cultura di un Paese. Dovrebbe essere uno degli assi portanti per la crescita dell’industria dell’audiovisivo italiano e, insieme all’informazione, il core business del servizio pubblico». Cogliamo l’assist e passiamo proprio all’informazione. Il giornalista pone un problema di organizzazione e di dispersione delle risorse. Rognoni afferma che le sedi regionali devono essere riorganizzate e i 1700 giornalisti che vi lavorano devono essere coordinati meglio. E poi una puntatina al digitale: «servono davvero 14 canali digitali che costano di più di quanto possano rendere?».
Finita la sottolineatura delle mancanze, passiamo alla fase “costruttiva”. Rognoni evidenzia un aspetto che in molti hanno ignorato. Il giornalista ci dice che nello Statuto attuale della Rai, rinnovato poco più di anno fa, è già prevista la possibilità di dare deleghe operative al presidente in modo da renderlo simile ad un amministratore delegato. Tale possibilità piacerebbe anche al premier.
Ma il bello deve ancora venire. Rognoni cita la legge di stabilizzazione finanziaria del 2010, voluta dal Tremonti e dal Pdl, e afferma che tale provvedimento impedisce a «tutti gli enti pubblici, anche economici, anche con personalità giuridica di diritto privato» di avere più di 5 consiglieri di amministrazione, pena l’annullamento degli atti adottali da tali enti.
Dunque il giornalista ha interpretato bene la legge, il dimagrimento del cda, da 9 a 5 consiglieri, è già possibile. A nulla varrebbero le barricate del Pdl.
Dunque le osservazioni di Rognoni aprono uno spiraglio nuovo per la soluzione del problema Rai.
Mi permetto un’osservazione. Rognoni è un giornalista de Il Riformista, un quotidiano che ha appena sospeso le pubblicazioni per mancanza di fondi pubblici e per la scarsa pubblicità. Un giornale in meno, un pensiero critico in meno, meno possibilità di capire la realtà. C’è da riflettere.
Egidio Negri

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