REDDITI SUL WEB. IL SOTTILE CONFINE TRA PRIVACY E LOTTA ALL’EVASIONE FISCALE

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La pubblicazione on line dei redditi dichiarati dai contribuenti italiani ha creato una profonda spaccatura tra le associazioni dei consumatori. Da una parte si minaccia l’arma della class action contro l’Erario per ottenere un maxi risarcimento (si parla di venti miliardi di euro da ripartire tra i 38 mln di contribuenti) e dall’altra si propone di rendere l’esperienza una regola perché esempio di civiltà e democrazia reale. Valori a garanzia dei quali è lecito ogni mezzo di diffusione dei propri redditi, incluso il web.
Ma la questione non è se sia eticamente giusto o meno rendere conoscibili i redditi dei contribuenti. Il vero punto riguarda la liceità dell’uso da parte dell’Agenzia di “quella” modalità di pubblicità.
La pubblicità dei redditi dichiarati è un fondamentale principio di trasparenza democratica già previsto da norme di legge e la privacy non ostacola il perseguimento di tale finalità. Il codice della privacy considera di “rilevante interesse pubblico” l’applicazione delle norme tributarie, legittimando l’operato dell’Agenzia delle entrate con maggiori deroghe rispetto ai tradizionali obblighi a tutela dei dati personali. L’articolo 69 del Decreto Presidenziale n. 600/1973 non solo consente ma addirittura, impone all’amministrazione finanziaria di garantire la conoscibilità delle situazioni reddituali dei singoli sulla base di elenchi consultabili da ogni cittadino, previa richiesta nominativa ed evidenza dell’interesse ad accedervi. Anche le informazioni sui patrimonio personale (fondi e beni immobili) sono consultabili presso i competenti uffici dell’Agenzia del territorio ed utilizzabili, in quanto provenienti da pubblici registri conoscibili da chiunque, senza il consenso dell’interessato.
Il punto è che la diffusione dei dati personali (come quelli dei contribuenti) può avvenire solo entro le modalità previste dalla legge (che non prevede modi di diffusione via internet) ed, inoltre, ogni forma di pubblicità di dati personali richiede analoga trasparenza nei confronti dei diretti interessati: questi vanno informati dell’uso dei loro dati. Il problema posto da Internet è che si perdono molte garanzie: la realtà virtuale diviene suscettibile di cambiare le modalità di fruizione consentendone utilizzi impensabili nel mondo reale. Di fatti, una volta immesse in rete, le informazioni “viaggiano” senza controllo: chiunque può istradarle sui siti peer to peer o farne oggetto di attività commerciale. Tutti utilizzi non ammessi dalla legge e a danno dei consumatori.
Fabiana Cammarano

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