Rcs, solo “gli spiccioli” per il piano industriale? Previsto aumento di copertina per Corsera e Gazzetta. Domani Cda su conti del semestre

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sede Rcs, in via Rizzoli

rcsRcs: quanto resta, in cassa, dei 410 milioni investiti per la manovra di ricapitalizzazione, per il piano industriale? Le risorse, a ben vedere, potrebbero bastare solo per il digitale. Domani, intanto, è prevista la riunione dei soci del patto di sindacato e il Cda per i conti del semestre. In previsione un aumento del prezzo per il Corriere della Sera e la Gazzetta dello Sport. Da decidere il destino dei giornalisti delle testate in crisi.
Ma procediamo con ordine.
Martedì scorso Rcs ha depositato le carte dell’aumento presso il registro delle imprese. Oramai la mappa dell’azionariato è nota. Tuttavia manca all’appello la titolarità del 2,8% del nuovo capitale sociale. I soci con una quota superiore al 2% avrebbero dovuto comunicare alla Consob la propria posizione. E ciò non è avvenuto. Quindi si presume che la restante parte del capitale sociale sia frazionata tra più investitori. In ogni caso entro il 31 luglio dovrebbe essere tutto noto. In quella data è prevista una riunione dei soci del patto di sindacato (che vincolerà il 60% del capitale sociale). E anche il Cda del gruppo che edita il Corriere della Sera e la Gazzetta dello Sport. Per la precisione nella seduta mattutina sarà la volta del Consiglio. Il pomeriggio, poi, toccherà agli azionisti. E il mattino dopo (1 agosto), l’ad di Rcs, Pietro Scott Jovane, illustrerà i conti a tutti i dirigenti del gruppo.
Successivamente, alla riunione dei soci dell’accordo parasociale verrà reso noto, con precisione, l’ammontare degli apporti dei singoli soci. Anche di quelli “minimali”. Inoltre verrà precisato quante e quali azioni saranno vincolate dal patto. Anche se i rapporti di forza, come detto in precedenza, sono ormai noti.
Tutto da decidere, invece, è la sopravvivenza dello stesso patto. Ad oggi, sembra che solo Fiat (20%), Intesa Sanpaolo (6,5%) e Mittel (1,3%) vogliano mantenere l’accordo. Anche se con vincoli meno rigidi. Mentre gli altri soci vorrebbero disdire del tutto il patto. Ad iniziare da Mediobanca (15,4%). La quale vorrebbe svincolarsi per poter ridurre, nel medio-lungo termine (visto che è in vigore un accordo di “lock-up” di sei mesi), la sua partecipazione in Rcs.
Riguardo alle modalità della governance del gruppo di via Rizzoli, si è espresso, di recente, l’ad di Unicredit (seconda creditrice di Rcs con una esposizione di 110 milioni), Federico Ghizzoni. “In ogni caso sono tranquillo sul futuro della società editrice. In un gruppo importante come Rcs serve avere uno o più azionisti di riferimento che credano nell’azienda e la facciano crescere”, ha dichiarato Ghizzoni.
Ma cosa succederà da punto di vista industriale a ricapitalizzazione avvenuta?
Per cercare di fare chiarezza sul futuro industriale di Rcs bisogna fare un passo indietro. Innanzitutto l’aumento di capitale è stato di 410 milioni di euro. Di questi 150 andranno a finanziare il debito con le banche creditrici (tra cui c’è anche Intesa che ha una esposizione di 300 milioni ed è anche socia pattista di Rcs). Ricordiamo che, prima dell’avvio dell’aumento, sono stati rinegoziati varie linee di credito per rifinanziare un debito di 600 milioni. Inoltre ci sono da decurtare i costi tecnici dell’aumento pari a circa 14 milioni. Poi ci sono da ripianare le ultime perdite di esercizio. Nel primo semestre Rcs potrebbe avere un rosso di 140 milioni. Ecco che facendo due conti rimangono circa 100 milioni. Ed è proprio la cifra che l’ad Jovane vuole investire nella multimedialità. In effetti il progetto del manager prevede la trasformazione di Rcs in una “multimedia company”. E l’ad ha promesso che una buona parte delle risorse sarà finalizzata a quel progetto.
Tuttavia vanno anche considerati i ricavi. Rcs ha venduta la sua partecipazione in Dada. E da questa operazione avrà dei benefici di circa 50 milioni. Poi ci sarebbe la possibile vendita dello stabile di via San Marco che potrebbe fruttare 200 milioni. E infine c’è la seconda parte della ricapitalizzazione, già prevista per il 2015 e delegata al cda, che consta di altri 200 milioni. Rcs starebbe cercando di cedere anche il gruppo di radio Finelco (che comprende Radio 105, Virgin e Rms).
Inoltre per rimpinguare le casse di via Rizzoli, è in discussione un aumento del prezzo di copertina del Corsera e della Gazzetta. Entrambi i quotidiani potrebbero passare nei prossimi giorni da 1,2 a 1,3 euro. Da precisare che non sarebbero le uniche testate a ricorrere all’aumento del prezzo. Il Secolo XIX lo ha già deciso. E ci starebbero pensando anche La Stampa, Repubblica e Il Sole 24 Ore.
Intanto ieri è avvenuto il passaggio ufficiale, con tanto di firma del notaio, dei periodici Rcs a Prs, società concessionaria di Alfredo Bernardini De Pace. Le testate in questione sono il mensile Ok Salute, i settimanali Novella 2000, Visto e il polo dell’enigmistica. Si è trattato di un passaggio gratuito: senza né contropartita né dote da parte di Rcs. Insieme alle testate sono stati trasferiti circa 40 giornalisti. I redattori avranno una garanzia di due anni di lavoro e un rimborso di 5 mila euro per compensare la perdita dei benefit che avevano in Rcs.
La dirigenza di via Rizzoli deve ancora decidere la sorte dei giornalisti dei periodici chiusi il 30 giugno. Per i quali non si è trovato un compratore. Si tratta di A, Bravacasa, Yacht & Sail, l’Europeo, Max, Astra. Per questi ci sarebbe una cassa integrazione a “zero” ore. Senza dimenticare i 150 redattori che continuano a lavorare nei periodici che ancora in funzione. Per questi è previsto un piano di risparmio generalizzato. C’è da dire che Rcs ha già usufruito degli ammortizzatori sociali per il Corriere della Sera e la Gazzetta dello Sport. Per il quotidiano di via Solferino sono già stati decisi più di 70 esuberi. Mentre per il giornale sportivo sono 21 le uscite già previste.

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