RCS, RICAPITALIZZAZIONE AL PALO. E DELLA VALLE SCALPITA: «SI SCIOLGA IL PATTO E SI RIFACCIA IL PIANO»

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Rcs Mediagroup: la ricapitalizzazione non è sicura. Giuseppe Rotelli è ancora in bilico tra un nuovo investimento e il “rischio diluizione”. Troppi i soci indecisi. Il presidente Angelo Provasoli prova a mediare. Possibile un comitato esecutivo prima dell’assemblea degli azionisti del 30 maggio. Ma per il prezzo delle nuove azioni c’è da aspettare giungo. Intanto Diego Della Valle vorrebbe rifare il piano finanziario e sciogliere il patto di sindacato.
Ma procediamo con ordine.
Profonde incertezze sulla ricapitalizzazione in casa Rcs. Mancano dieci giorni all’assemblea dei soci prevista per il 30 maggio. In quella data gli azionisti della società che edita Il Corriere della sera e la Gazzetta dello Sport dovranno deliberare sull’aumento di capitale (che in tutto consiste in 600 milioni di azioni ordinarie e 100 di risparmio). Ma per dare il via all’operazione “straordinaria” serve il consenso dei rappresentati dei due terzi del capitale sociale. Ovvero il 66% dei voti favorevoli. Peccato, però, che i numeri, almeno sulla carta, ancora non ci siano. E questo anche se la ricapitalizzazione è data ormai per certa. Nonostante, infatti, sia già partito il progetto di un piano industriale triennale da parte dell’ad, Pietro Scott Jovane, la continuità aziendale non è ancora garantita. Senza ricapitalizzazione sarà molto più difficile (o forse impossibile) rinegoziare una parte del debito con le banche (575 milioni). E, di conseguenza, Rcs, sarà costretta a portare i libri contabili in Tribunale.
Ma ritorniamo nel merito della prossima assemblea dei soci. Molti azionisti non hanno ancora deciso cosa fare. Come è già noto da tempo, parteciperanno all’aumento (e voteranno favorevolmente all’operazione): Mediobanca (13,7%), Fiat (10,2%), Fonsai (5,2%), Pirelli (5,2%), Intesa Sanpaolo (4,9%), Mittel (1,2%), Edison (1,2%). Mentre hanno già rifiutato Benetton (5%), Diego Della Valle (8,7%) (entrambi fuori dal patto di sindacato che vincola il 58% delle quote), Merloni (2%) e Assicurazioni Generali (3,7%).
Passiamo ora gli indecisi, il vero ago della bilancia: Italmobiliare (7,4%) della famiglia Pesenti (ricordiamo che il presidente della società di costruzioni bergamasca, Giampiero Pesenti, si è appena dimesso dalla presidenza del patto di sindacato), Sinpar di Luigi Lucchini (2%), Eridano Finanziaria di Roberto Bertazzoni (1,2%), ma soprattutto Giuseppe Rotelli, il primo azionista fuori dal patto con il 16,6% dei diritti di voto (13% direttamente e 3,6% tramite il Banco Popolare di Milano). Per coloro “che son sospesi”, saranno decisivi i termini dell’aumento. Fra tutti il prezzo delle nuove azioni che, indiscrezioni alla mano, dovrebbe essere fissato solo il 13 giugno. Quindi dopo il la fatidica data del 30 maggio: non sarebbe meglio farlo prima?
Ma soffermiamoci sull’imprenditore della sanità milanese. Il quale con la sua “dote azionaria” sarà decisivo in assemblea. Rotelli non vorrebbe sborsare altri 67 milioni in Rcs. Nello stesso tempo, però, non vuole perdere neanche l’investimento già fatto. Spieghiamoci meglio. L’aumento, molto probabilmente, sarà “diluitivo”. Ovvero le nuove azioni saranno emesse ad un prezzo inferiore rispetto a quello di mercato. Quindi Rotelli, se non dovesse partecipare, rischia di passare dal 16,6% al 3% delle quote. Di conseguenza, per evitare un nuovo esborso di danaro e anche una “diluizione”, Rotelli potrebbe decidere di votare “no” in assemblea. E con il suo diniego l’operazione sarebbe ad alto rischio. Ma c’è da considerare che anche senza la ricapitalizzazione Rcs rischia di fallire. E neanche questo esito sarebbe un affare.
A voler dar retta ai rumors, sembra che Rotelli voglia mantenere solo le attività italiane di Rcs. E vendere quelle ubicate all’estero. Tale scelta, tuttavia, dato il piano industriale e le idee di Jovane, non sembra possibile. Ancora. Bisogna ricordare che la relazione tra il consenso alla ricapitalizzazione e la partecipazione alla stessa non è univoca. Ad esempio: un socio potrebbe anche decidere di non partecipare all’aumento, ma votare “sì” nella assemblea che la delibera. Questo potrebbe essere il caso di Assicurazioni Generali (3,2%).
La compagnia di Trieste, tramite il suo ad, Mario Greco, ha già rinunciato alla ricapitalizzazione. Ma potrebbe votare positivamente il 30 maggio (alcuni pensano che questa decisione possa essere motivata dalla vicinanza di Generali a Mediobanca, istituto socio con il 13,7% delle quote e creditore di Rcs).
Hanno già dichiarato voto contrario, invece, Della Valle, Merloni e Benetton. Addirittura il presidente della Tod’s (e della Fiorentina) vorrebbe riaprire le trattative per impedire un piano finanziario che a suo avviso sarebbe male strutturato: tutto a vantaggio delle banche e sfavorevole ai soci. Il patron della “Viola” vorrebbe anche sciogliere in anticipo il patto di sindacato (che ha scadenza naturale nel 2014). E le dimissioni di Giampiero Pesenti dalla presidenza dell’accordo parasociale, da questo punto di vista, potrebbero essere uno “stimolo”.
Intanto il presidente di Rcs, Angelo Provasoli, sta cercando di avviare una opera di mediazione e sta provando a rassicurare tutti sul futuro dell’azienda. Sebbene abbia lui stesso affermato che la ricapitalizzazione presenta «rilevanti incertezze».
A questo punto per “ordinare le idee” potrebbe essere indetto un comitato esecutivo (una sorta di cda ridotto) prima dell’assemblea del 30 maggio.

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