Rai, la legge non è uguale per tutti

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C’è una circolare Rai del 2002 che vieta ai direttori di rete e di testata di andare in video. C’è un indirizzo sul pluralismo approvato l’11 marzo del 2003 dalla commissione di Vigilanza, recepito l’8 aprile dello stesso anno dal cda Rai (allora presieduto da Lucia Annunziata) ,nel quale si dice all’articolo 3 che “è da evitare la presenza nei programmi della concessionaria del servizio pubblico televisivo dei dirigenti dell’azienda stessa, intendendosi per dirigenti non solo i membri del Consiglio di amministrazione e il direttore generale, ma anche i direttori di divisione, di rete e di testata”. Regole scritte dall’allora presidente della Vigilanza, Claudio Petruccioli, e approvate dopo un lungo travaglio all’unanimità dalla commissione, per evitare in generale il proliferare delle cosiddette “ospitate” e in particolare l’ “uso privato” e “personale” del servizio pubblico. Evitare la “presenza” nei programmi di alti dirigenti e direttori, dunque. E la conduzione? È indiscutibile che una conduzione sia molto di più di una presenza in video. Eppure qui la faccenda si fa un po’ più complicata.

E Petruccioli, ora presidente della Rai, lo sa bene. Stranamente, infatti, la circolare e l’indirizzo del Parlamento in viale Mazzini non sono uguali per tutti. Con alcuni, come è successo con il direttore del Tg2 Mauro Mazza, vengono impugnate. Con altri, come nel caso dei direttori Giovanni Minoli (direttore di Rai Educational) , Anna La Rosa (ex direttore dei Servizi Parlamentari) , Gabriele La Porta (direttore di Rai Notte) e Gianni Riotta (direttore del Tg1) , si fa finta di niente. Ora la questione è tornata di grande attualità: Massimo De Luca, direttore di RaiSport, nell’ultima audizione in consiglio d’amministrazione sul palinsesto autunnale si è autocandidato, insieme a Paola Ferrari e a Teo Teocoli, alla conduzione della prossima Domenica Sportiva; Marco Civoli, invece, sarà l’anchorman dei due appuntamenti (martedì e mercoledì) della Champions League. De Luca, ottimo professionista e con un trascorso decennale da conduttore-opinionista in casa Mediaset, con un passaggio, a mò di intervallo, a 3Italia durante i campionati mondiali di calcio, non avrà certo problemi a raccogliere l’eredità di Jacopo Volpi. E darà filo da torcere al Controcampo di Italia Uno. E proprio in nome di questo blasone il cda gli ha dato in coro (Petruccioli compreso) il proprio placet. (L’Opinione)

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