Per fortuna che c’è la Paola Taverna. Fino a qualche anno fa sembrato tutto difficile da comprendere. L’informazione è materia complessa, mille sfumature; fino ad ora l’hanno studiata in tanti, che so Marshall McLuhan, quello che disse che il messaggio è il mezzo, anche se disse una cosa diversa, ma questo è per pochi; o Nigel Warburton che partendo dalle riflessioni di Stuart Mill ha analizzato la legittimità del negazionismo, con il caso della storica Deborah Lipstadt. Peter Burgs con Asa Briggs in un lungo studio hanno ricostruita la storia del media; come Jean-Noel Jeanneney. O Jurgen Habermas che ha analizzato l’influenza dell’informazione sull’opinione pubblica. Un po’ complottista Chomsky lo è sempre stato, ma poi lo confrontavi con il monumentale Impero e comunicazioni di Harold Innis. E il nostro ottimo Michele Polo che cercava una dimensione sostenibile per le imprese editrici.
Quanto tempo hanno perso chi ha letto i loro lavori, quando ci sta la Taverna!
Paola Taverna, che sintetizza l’intervento di un altro finissimo intellettuale, Vito Crimi, il sottosegretario con delega all’editoria, studioso eclettico che dalle scie chimiche è passato alle polveri sottili che martorizzano i piedi all’informazione. La Taverna unisce al dono della conoscenza quello della sintesi: “Internet può spazzare via questa carta stampata, ci insultano e mentono su quello che stiamo facendo”. Principio generale, alla Machiavelli; nel particolare, alla Guicciardini, la notizia, forse non corretta, dello sfratto della madre da una casa popolare.
Finalmente i giornali chiuderanno, tanto per incartare il pesce ci saranno migliaia di pagine di libri da strappare. Tanto bastano gli hashtag della Taverna o di Crimi.
Enzo Ghionni
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