PERCHE’ LA POLTRONA DELL’AGCOM E’ COSI’ IMPORTANTE

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Non dubitate: le lobby del diritto d’autore e Agcom tenteranno ancora di censurare il web. La partita non è chiusa, è solo fissa su un instabile pareggio. Per questo motivo, per archiviare davvero i pericoli, bisogna giocare d’anticipo. E così, persino, non solo non danneggiare ma magari fare del bene all’internet italiana.

Sta facendo strada quest’idea, tra addetti ai lavori ed esperti di internet, in questo delicato interregno tra la vecchia e la nuova Agcom. L’attuale consiglio dell’Autorità garante delle comunicazioni è in parte già scaduto; fino a luglio resterà in carica, nell’attesa delle nuove nomine, ma potrà solo sbrigare i problemi di ordinaria amministrazione. Tra cui non rientra la riforma del diritto d’autore, tentata invano dall’attuale consiglio, ed è quindi affare della nuova Agcom.

Il contesto è cruciale. Sono molti gli occhi puntati per capire quali saranno i nuovi consiglieri e il nuovo presidente Agcom. Per la prima volta nella storia dell’Autorità, tanti chiedono che le nomine avvenissero in modo trasparente. L’ha fatto, rivolgendosi al governo, il relatore speciale delle Nazioni Unite per la libertà di manifestazione del pensiero. L’hanno poi richiesto, con una lettera alle Camere, un’ottantina di parlamentari bipartisan.

Questa voglia di trasparenza è certo figlia anche dell’evoluzione della società italiana, del fenomeno open politics e open government. Ma è dovuta anche alla natura particolare di uno dei temi forti che la nuova Agcom dovrà trattare, appunto le nuove norme sul diritto d’autore online.

Questione che investe direttamente i diritti civili di tutti (e non solo degli “utenti di internet”, come superficialmente spesso si è scritto). Da una parte, nuove norme possono mettere a rischio le libertà di internet; dall’altra, sollevano un interrogativo: come aggiornare le (vetuste) leggi del

diritto d’autore agli scenari aperti dai nuovi media? E’ possibile migliorarle, per potenziare ancora la condivisione di idee sul web? Per esempio, dando piena cittadinanza ai valori dei creative commons e del fair use, ancora male integrati nel nostro ordinamento. In altre parole significa fare una legge che autorizzi e magari addirittura favorisca la condivisione lecita di idee, scritti, video e immagini; persino quelle protette da diritto d’autore, entro certi limiti e per certi scopi. Agcom aveva affrontato la questione inciampando più volte nelle polemiche, fino a rinunciare a fare una delibera che avrebbe dovuto cambiare le regole sulla tutela del copyright online.

Ma non è ancora finita, la nuova Agcom probabilmente si rioccuperà della faccenda, perché da più parti premono per una riforma del diritto d’autore online. Per una riforma censoria e draconiana, in particolare. Prova ne è, da ultimo, il piano strategico contro la contraffazione appena presentato dal comitato interministeriale Cnac. Vi si leggono misure uguali a quelle della proposta di legge Fava (Lega Nord), già bocciata: trasformare i provider del web in sceriffi, caricandoli di responsabilità; dare super poteri censori all’Agcom. Poco prima c’era stato un altro tentativo, con una bozza di disegno di legge. Insomma, le lobby del copyright non si arrenderanno. Ci riproveranno ancora. E allora tanto vale prenderle contro piede: portando la questione in Parlamento, dove si può provare ad aggiornare il copyright in senso progressiva, invece che censorio.

Lo sostengono quelli del movimento Sito non raggiungibile (fieri osteggiatori della delibera Agcom). E adesso è la tesi anche di Maurizio Dècina, ordinario di reti e comunicazioni al Politecnico di Milano e personaggio molto noto nel settore. E’ considerato uno dei decani delle telecomunicazioni italiane.

«Non dobbiamo dimenticare che tutto è partito dal decreto Romani sull’audiovisivo: ha esteso alla Rete le vecchie regole televisive e su questa base ha poi demandato all’Agcom il compito di creare nuove norme per la tutela del copyright su internet», dice a L’Espresso. «Il decreto è ancora lì, come spada di Damocle sulle libertà di internet. Per disinnescarlo bisogna promuovere in Parlamento una legge che rinnovi il diritto d’autore». «Perché solo il Parlamento – e non Agcom – è in grado di affrontare la questione in modo pienamente democratico, trovando una formula innovativa che coniughi i duplici interessi in gioco: quello di una rete libera e aperta e quello della protezione della proprietà intellettuale», continua Dècina, che propone anche qualche idea. «La nuova normativa non può limitarsi a porre divieti, ordini di rimozione e sanzioni, che si sono rivelati sempre inefficaci. Bisogna ricercare forme più moderne di tutela del diritto d’autore, quali le licenze collettive, i creative commons: strumenti che facilitano la condivisione lecita di contenuti protetti dal diritto d’autore e da diritti connessi».

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