PERCHE’ E’ ORA DI CHIUDERE LE AUTHORITY (LA REPUBBLICA AFFARI E FINANZA)

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Vivo apprezzamento per l’operato del presidente è stato espresso dal governo in occasione delle dimissioni presentate dal numero uno della Consob e respinte dal Tesoro. Il Parlamento e il governo esigono che l’organo di vigilanza sulla Borsa modifichi i regolamenti di recepimento della direttiva europea sulla trasparenza. Il presidente obbedisce subito, ma messo in minoranza dai suoi commissari rimette per protesta il suo mandato. Il governo gli rinnova la fiducia, con tanto di encomio solenne.
Chi si adatta e si adegua è premiato. Chi lo fa a corrente alternata è costantemente sotto esame (vedi Antonio Catricalà, presidente dell’Antitrust, e Francesco Pizzetti, Garante per la privacy). Chi non lo fa affatto è bastonato (vedi Mario Draghi, governatore della Banca d’Italia, e Alessandro Ortis, presidente dell’Authority per l’energia).
All’inizio della legislatura, dopo una serie di tentativi falliti di allungare le mani sugli organigrammi di questi importanti organismi di vigilanza, Palazzo Chigi prese in mano la pratica, e affidò a Gianni Letta il compito di studiare una riforma complessiva delle authority. compiti, funzioni, composizione dei membri, durata in carica, criteri di nomina. Sono passati mesi, e di riforma non se n’è vista l’ombra ma se questa è oggi la vita grama imposta alle autorità amministrative “indipendenti”nei tempi cupi del pensiero unico berlusconiano allora tanto vale chiuderle. Per il Cavaliere, un sottosegretario è molto più utile di un commissario.
(Dalla rassegna stampa ccestudio.it)

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