Tutto fermo per la nomina dell’Autorità delle comunicazioni dove il presidente Corrado Calabrò è scaduto senza che se ne intraveda concretamente un successore. La candidatura del direttore generale della Commissione europea Fabio Colasanti sarebbe sfumata per la sua decisione di restare a Bruxelles: difficile, in questo contesto, dargli torto.
Con le autorità indipendenti si era partiti bene, ma si è continuato molto male. E non soltanto perché il fiorire di posti sempre più numerosi è diventata occasione per piazzare nei collegi ex politici, amici e portaborse dei politici, ma pochissime donne. Il fatto è che si è andata creando una figura di professionisti delle autorità, che girano da un’authority all’altra senza alcun criterio. Prevalentemente consiglieri di Stato ed esponenti delle varie magistrature, un grumo di potere che ha in mano i gangli dell’amministrazione e alle spalle incarichi ai più alti livelli ministeriali. Il che ha spesso reso grottesco l’aggettivo “indipendente” che accompagna il sostantivo “autorità”.
Massimo Sideri ha scritto venerdì sul Corriere che per la guida dell’Agcom, svanita l’opzione Colasanti, è spuntato il nome del settantaseienne presidente della Corte costituzionale Alfonso Quaranta, pare suggerito dall’ex sottosegretario alla presidenza Gianni Letta.
Non mancano, va detto, le eccezioni. Come anche fra i politici non c’è soltanto chi vede le nomine come un pretesto per piazzare gli amichetti, ma pure chi si rende conto che il problema del rinnovamento e della qualità è grosso come una casa. Giovedì scorso il presidente della Camera Gianfranco Fini ha ricevuto da un gruppo di deputati (fra cui Linda Lanzillotta, Giovanna Melandri, Bruno Tabacci, Benedetto della Vedova…) la richiesta di attivarsi perché la designazione dei componenti dell’Autorità della Privacy, anche loro scaduti, prevista per dopodomani da parte del parlamento non avvenga “secondo logiche spartitorie e opache” ma sulla base di un attento esame dei curricula.
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