MEDIASET AL BANCHETTO DEL DIGITALE TERRESTRE (LA REPUBBLICA AFFARI E FINANZA)

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Cominciando a fare qualche calcolo, raggruppando i nuovi canali della tv digitale terrestre per network, è venuto fuori che ben 16 canali sui 38 complessivi (il calcolo è di fine novembre) fanno capo a Mediaset, una quota di mercato del 42%. Il numero viene fuori sommando Canale5, Italia1, Rete4, i tre nuovi canali Iris, Mediashopping e Boing e i canai i a pagamento del bouquet Premium, ossia Steel, Joi, Mya e i due nuovi canali Disney (che sono 5 ma valgono per 10 perché ogni canale si raddoppia, visto che ogni programmazione viene replicata su un secondo canale con un’ora di dilazione). E questo senza contare i 9 canali della pay-per-view, quelli delle partite che, funzionando solo alcune ore a settimana, non sono contati come canali, secondo quanto è stato stabilito da Autorità e governo quattro anni fa, al momento del lancio dei primi canali pay sulla nuova piattaforma.
Il calcolo, matematicamente esatto, è però sbagliato giuridicamente perché, dei dieci canali pay, i due Disney e quello di Steel non sono di fatto canali Mediaset, perché la loro titolarità fa capo a due major, rispettivamente la Disney e la Uni versai. Anche così, però, Mediaset controlla 10 canali su 38, il che fa comunque una quota di mercato del 26%, superiore di sei punti al tetto del 20% stabilito dalla Gasparri.
Un tetto che anche la Rai, in pieno rispetto della logica duopolistica, ha però a sua volta superato, anche se di molto meno: i suoi 8 canali valgono una quota di mercato del 21%.
Il principale timore di Mediaset in questo momento è l’ingresso di nuovi concorrenti, specie se internazionali, e anche di dover cedere frequenze agli operatori telefonici. Al Biscione sanno che almeno sul punto dell’ingresso di nuovi fornitori di contenuti, dovranno cedere. Ma puntano a mantenere il controllo delle frequenze, cosa che lascia loro indubbi vantaggi: in primo luogo il fatto che così chiunque voglia entrare dovrà farlo sulle frequenze di operatori tv, ossia pagando il pedaggio a loro e non allo Stato, che ne è il vero proprietario.
E i timori non sono infondati visto che, i primi numeri sugli ascolti registrati in Sardegna, dopo il passaggio al digitale, hanno dimostrato che la moltiplicazione dei canali fa male al gruppo del Biscione, che ha complessivamente perso quasi 7,8 punti di audience, a vantaggio di Rai, di Sky, delle tv locali e dei nuovi canali digitali in genere. Il digitale sta insomma aprendo spiragli di mercato. E questo potrebbe attrarre protagonisti che finora si sono tenuti distanti dal mondo della tv perché le maglie strette del duopolio hanno costituito una barriera insormontabile.
A riprova di questi movimenti ci sono le voci attorno alle prossime mosse di Telecom Italia, che potrebbe essere sul punto di cedere le sue frequenze. In un modo o nell’altro per Mediaset le cose non saranno però mai più come prima. La sensazione, dice un manager del settore, è che dei tre chiavistelli con cui il Biscione ha finora blindato il mercato italiano della tv, ossia contenuti, frequenze e pubblicità, quello delle frequenze sia ormai saltato. Per bloccare la restituzione delle frequenze liberabili Mediaset ha dovuto accelerare sui nuovi canali, senza la certezza che la pay tv sul digitale terrestre, così meno ricca rispetto al satellite, possa essere sufficiente a compensare la perdita di audience complessiva. Restano comunque altri due bastioni: il primo è quello dei contenuti; il secondo e più importante di tutti è quello della pubblicità. La corazzata Publitalia per ora non corre rischi. Neanche il numero crescente di spot trasmessi dagli arcirivali di Sky la mettono per ora in dubbio. Anche perché la sonnolenta presenza della Rai nella raccolta pubblicitaria congela di fatto un terzo buono del mercato. Ma il vecchio duo-polio scricchiola sempre più e non si sa ancora bene cosa succederà. (Dalla rassegna stampa ccestudio.it)

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