“ME ON THE WEB”: GOOGLE RISOLVE COSÌ LA QUESTIONE DELLE REPUTAZIONI ONLINE DEGLI UTENTI

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A poche ore dall’ultima denuncia ricevuta dell’ex senatore della Lega, Achille Ottaviani, Mountain View provvede a risolvere uno dei crucci che affliggono la funzionalità del proprio sistema di ricerca: la gestione delle informazioni biografiche dei propri utenti, catalogate ed impresse nella memoria dei propri algoritmi.
Attraverso semplici clic, mediante la funzione “io sul web” disponibile su Google Dashboard (il log delle sessioni di navigazione pregresse) ciascun utente potrà da ora monitorare ed aggiornare il proprio profilo, venendo assistito nella gestione della propria identità virtuale che abita la Rete. Ma indagando meglio sulle modalità di funzionamento dell’applicazione, da subito ci si rende conto dell’escamotage ingegnato dal gruppo. Lo scopo è sempre quello, spostare la responsabilità di gestione delle informazioni ai diretti interessati, la stessa politica attuata da Facebook, per intenderci, quando si richiede agli iscritti l’attivazione in default di opzioni fondamentali per la privacy (l’ultima è il facial recognition). L’applicazione funge infatti più da guida fai-da-te (ex-post) che non da reale supporto all’utente, al fine ultimo di delegare a lui l’immane compito di eliminare i contenuti indesiderati presenti su Internet, mediante una funzione molto simile a Google Alert. L’internauta ti turno riceverà cioè delle e-mail di notifica relative alla presenza del proprio nominativo sul grande “monopolio” di aggregazione dei dati e provvedendo di propria iniziativa, sempre per successive intermediazioni, alla richiesta di rimozione delle informazioni sul proprio conto, al webmaster del forum o del sito che le ospita. Ora non entrando nel merito della legittimità dell’azione legale portata avanti da Ottaviani, con una richiesta di risarcimento pari a 10miloni di euro per i danni presunti arrecati alla propria immagine (riguardo la parzialità dei dati sul proprio conto prodotti dai risultati di ricerca), rimane però un fatto che quello della diffusione su Internet dei dati personali sia una questione di una certa rilevanza. Prioritario dunque dovrebbe risultare l’intervento volto ad ottimizzarne la gestione dall’alto, specie nell’epoca imperante dei social network dove un business chiamato web advertising fa sì che le informazioni degli utenti finanzino corporation da poco entrate in borsa. La coscienza individuale ben poco può contro la potenza del mezzo, divenuto per certi versi irrinunciabile. Non basterà, pertanto, una semplice funzione a risolvere la questione, sebbene gli sforzi, almeno quelli dimostrati per ora da Google, siano votati in tal senso.
Manuela Avino

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