“Walter Tobagi fu ucciso barbaramente perché rappresentava ciò che i brigatisti negavano e volevano cancellare. Era un giornalista libero, che indagava la realtà oltre stereotipi e pregiudizi, e i terroristi non tolleravano narrazioni diverse da quelle del loro schematismo ideologico”. Così ha scritto in una lettera indirizzata al Corriere della Sera, il presidente della Repubblica Sergio Mattarella che ha voluto ricordare la figura del giornalista ucciso in un agguato da un commando delle Brigate Rosse a Milano.
Mattarella ha affermato: “Era un democratico, un riformatore, e questo risultava insopportabile al fanatismo estremista. Era un uomo coraggioso che sentiva il dovere di difendere i valori costituzionali: proprio questa sua coerenza lo ha portato a esporsi e a divenire bersaglio di una violenza la cui disumanità non si attenua con il passare degli anni”. E ancora: “Tobagi è morto giovanissimo. A trentatré anni aveva già dimostrato straordinarie capacità, era leader sindacale dei giornalisti lombardi, aveva al suo attivo studi, saggi storici, indagini di carattere sociale e culturale. È stato ucciso in quei mesi, in cui altri uomini dello Stato, altri eroi civili, cadevano a Milano e in tutta Italia per fedeltà a quei principi di convivenza che la mitologia rivoluzionaria, le trame eversive, le organizzazioni criminali di diversa natura volevano colpire”.
Quindi il presidente della Repubblica ha concluso: “A quarant’anni da quel 28 maggio 1980 desidero anzitutto esprimere i miei sentimenti di vicinanza alla famiglia Tobagi. Costretta a sopportare il dolore più grande, ha contribuito, con forza e dignità, a tenere viva quella testimonianza”. Un pensiero anche per il giornale: “Per il suo giornale Walter Tobagi e’ più di un simbolo: è esempio di un giornalismo libero, che non si piega davanti alla minaccia, che non rinuncia allo spirito critico nel raccontare la realtà, che vive nel pluralismo. Questo giorno di memoria è importante per il Corriere della Sera, che ha avuto in Tobagi una delle sue firme più prestigiose, e lo è per tutta la stampa italiana: la società e’ cambiata in questi decenni, ma la sfida della libertà, dell’autonomia, dell’autorevolezza della professione giornalistica e’ sempre vitale. Il desiderio di scavare nella realtà per portare alla luce elementi nascosti, oltre a essere buon giornalismo, aiuta anche a trovare semi di speranza. Di questo abbiamo bisogno”.
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