L’UOMO CHE SALVA I GIORNALI AMERICANI (IL FOGLIO)

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In Connecticut c’è un deputato democratico che lotta contro il fallimento di un quotidiano di provincia e propone un grande bailout come con le industrie dell’auto pur di salvare la stampa dall’estinzione.
Tutti dicono che il 2008 è stato l’anno della morte dei giornali e il 2009 sarà quello in cui la carcassa inizierà a puzzare. Il collasso della Tribune Co. (pro-prietaria di Los Angeles Times e Chicago Tribune) e la crisi del New York Times hanno segnato soltanto l’inizio della fine per i giornali, martoriati dalla pubblicità che non c’è e surclassati dalla rete, ancora alla ricerca di business model credibili ma pur sempre in vantaggio sulla vecchia carta.
Ogni giorno in America i giornali annunciano licenziamenti, bancarotte, svendite, ridimensionamenti. Soltanto nelle ultime due settimane nel mercato dell’informazione sono stati bruciati più di quattrocento posti di lavoro e i primi a cadere sono i giornali locali, che negli Stati Uniti sono tutt’altro che fonti di seconda mano rispetto ai colossi nazionali. Che fare? Le voci di un bailout della stampa si aggirano come spettri fra le redazioni americane, che guardano al recente salvataggio delle auto e sognano che Washington offra generosamente una via d’uscita all’industria dell’informazione.
E c’è chi inizia dal basso. Nello stato del Connecticut un titano di provincia sta cercando di convincere lo stato a salvare il Bristoi Press, il quotidiano della sua città, dando voce alla lotta universale di ogni giornale che cerca di portare a casa la pelle. Frank Nicastro, deputato democratico nel Congresso dello stato, è il Don Chisciotte dei giornali, quei preziosi oggetti che considera “una parte di vitale importanza per l’America”. Nicastro, come rappresentante eletto dal popolo, sente il dovere di difendere le fonti d’informazione, soprattutto le realtà piccole e territoriali, quelle che offrono un prodotto alternativo al mainstream nazionale.
Insieme a un pugno di parlamentari, Nicastro ha presentato una mozione al Congresso in cui si indica la ricetta per salvare, con sforzi ragionevoli, beni inestimabili. Innanzitutto, niente spesa diretta. Sgravi fiscali, agevolazioni, prestiti temporanei, lavoro più flessibile. L’iniziativa parlamentare si fonda sul ripristino del ciclo produttivo, non cerca soltanto di rattoppare un buco: “Non stiamo dicendo a nessuno di venire a Bristoi perché qui regaliamo milioni di dollari”, ha detto Nicastro a chi gli chiedeva se non si trattasse di una proposta insostenibile nel medio-lungo termine. Mentre a Hartford, capitale del Connecticut, fervono i lavori, il caso di Nicastro ha fatto il giro degli Stati Uniti alimentando il dibattito sul ruolo dello stato nel destino dell’informazione.
Con toni apocalittici, i nemici del bailout evocano la distruzione del primo emendamento e la fine della libertà dei giornali se questi dovessero essere salvati da soldi statali. Alcuni blogger hanno commentato lo sforzo di Nicastro pubblicando vecchi manifesti zdanoviani che ritraggono Lenin mentre legge la Pravda. “Non ci si può aspettare che il cane da guardia morda la mano che gli da da mangiare”, ha detto ai cronisti della Reuters Paul Janensch, professore di giornalismo alla Quinnipac University del Connecticut. Ma di fronte alla possibilità dell’estinzione. Nicastro e i suoi sono disposti a correre il rischio. (Dalla rassegna stampa ccestudio.it)

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