Dopo i risultati delle elezioni del 25 settembre è necessario tornare a leggere Jacovitti. Per comprendere come alcuni atteggiamenti della sinistra italiana vengono da lontano, da molto lontano. Per la cultura dominante dell’epoca già il nome, Benito, non deponeva bene ma poi quelle vignette tanto irriverenti quanto poco adeguate al buon pensiero del momento non erano sopportabili.
Già chiamare una donna Mery Pompa appariva un’offesa per la moltitudine di femministe che occupavano le piazze; ma poi se in una vignetta sì e una no la povera Mary prendeva uno sganassone accompagnato dalla consueta frase “Mery Pompa, se non vuoi che ti rompa, vai a farti un bidè”, embè così era davvero troppo. Per Oreste Del Buono che aveva deciso di ospitare Jacovitti sulle pagine di Linus si era aperta una stagione drammatica. Perché non solo molti lettori della rivista non tolleravano le vignette di Jac, ma lui non perdeva occasione per prenderli in giro.
Celebre la vignetta apparsa su Panorama con la copertina di Linus con la falce e martello, vignetta chiaramente censurata dalla direzione dell’epoca con la cancellazione del simbolo del partito comunista, proprio come fanno i comunisti. Ma vale la pena di ricordare che nel numero 10 del 1973 Jacovitti disegnò una scatola con tutte le tessere dei partiti che si potessero chiamare democratici; erano tutte del Partito Comunista Italiano, l’unico in grado di avere la patente di democraticità. Sono passati 49 anni ma se Jac fosse con noi disegnerebbe una scatola uguale, con le tessere uguali, dovrebbe solo sostituire le parole “comunista italiano” con “democratico”.
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