Molti editori negli ultimi anni hanno tentato, con scarsi risultati, in realtà, di utilizzare l’intelligenza artificiale per ridurre il costo del lavoro giornalistico, cercando di sostituire gli uomini con le macchine. Sembrava per molti un sogno, chiedere ad un computer, senza pretese di feriali, domenicali, contradditorio, di raccontare fatti, notizie, sempre disponibili ad adattare le proprie opinioni a quello dell’editore. Questi editori hanno investito sostanzialmente trasferendo risorse economiche, ma soprattutto dati ed informazioni alle grandi piattaforme che gestiscono i sistemi di intelligenza artificiale. I ritorni sono stati pessimi nel breve periodo; per il lungo periodo, se questo è l’approccio, non c’è bisogno di intelligenza, neanche artificiale, per comprendere quale sarà la china.
A questo si è aggiunta la legge 23 settembre 2025, n. 132 in materia di intelligenza artificiale che contiene due norme che hanno rilevanza diretta per il settore dell’editoria e dell’informazione, introducendo principi e obblighi che dovrebbero incidere sul modo in cui i contenuti vengono prodotti, diffusi e tutelati. L’articolo 4 stabilisce che chi utilizza strumenti di IA per produrre o diffondere notizie deve garantire la veridicità, la tracciabilità e la trasparenza dei contenuti. In termini pratici, questo significa che i giornali dovranno dichiarare quando un testo, un’immagine o un video sono stati generati — anche solo in parte — con sistemi di intelligenza artificiale. Si tratta di un principio di responsabilità che riporta al centro la figura del giornalista e dell’editore, chiamati a rendere riconoscibile la differenza tra il lavoro umano e la produzione automatica. Le imprese editoriali dovranno quindi dotarsi di procedure interne e di archivi informatici che documentino le fonti, gli strumenti utilizzati e le modalità di creazione dei contenuti, nel pieno rispetto del Regolamento (UE) 2016/679 (GDPR) e del Codice della Privacy.
L’articolo 25 affronta invece una questione decisiva per il futuro del lavoro creativo: la titolarità delle opere prodotte con il contributo dell’IA. La norma chiarisce che solo le opere che contengono un apporto umano riconoscibile possono beneficiare della tutela del diritto d’autore. In altri termini per i contenuti generati dall’intelligenza artificiale gli editori non hanno nessuna tutela. Come è normale che sia, d’altronde.
Probabilmente è arrivato il momento in cui a quella artificiale si affianchi non dico l’intelligenza, ma almeno il buon senso.
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