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IN FRANCIA LA TV MOBILE VA IN PENSIONE. COSA ACCADRA’ IN ITALIA?

In Francia se ne sono fatti una ragione: la TV su dispositivi mobili non ha futuro. Eppure era un progetto nato sotto i migliori auspici. Nel 2008, 35 broadcasters depositarono le loro candidature per 16 frequenze. Oggi il Consiglio Superiore dell’Audiovisivo ha tolto le frequenze agli operatori scelti 4 anni fa. Nel corso degli anni le autorità francesi hanno cercato di salvare il salvabile. TDF, una delle principali compagnie francesi nel campo dei media, ha provato a siglare un accordo con Qualcomm per rilanciare il servizio. La società di telco si è tirata indietro, essendo forse consapevole delle alte probabilità di insuccesso. Due anni fa TDF si è alleato con l’operatore mobile Virgin, ma il lancio della TV mobile, anche in questo caso è stato continuamente rimandato. I motivi sono quelli comuni al resto degli Stati europei. Innanzitutto l’inadeguatezza degli standard utilizzati (DVB-H, l’alternativo DVB-SH) per la trasmissione. In uno spettro sovraffollato, è difficile trovare spazio per nuove frequenze. L’altro problema è il traffico di dati richiesto, troppo dispendioso per le connessioni 3G e 4G dei dispositivi mobili. E ora cosa succederà alle frequenze? Poiché coprono solo le grandi città, non possono essere usate sul territorio nazionale. Il Consiglio dovrà scegliere se destinarle alle tv locali o utilizzarle per contenuti multimediali.
E in Italia cosa accadrà? Lo standard utilizzato è il DVB-H, caldeggiato dall’Unione Europea. Tuttavia l’Agcom ritiene che la trasmissione su dispositivi mobili sia una tecnologia in declino. Eppure il nostro paese è stato il primo in Europa ad offrire i servizi di Tv mobile. Il termine DVB-H è tornato agli onori delle cronache nell’ambito del’asta per la frequenze da assegnare al settore audiovisivo. La direttiva 140/2009, attuata dal D.lgs sulle comunicazioni elettroniche, permette agli operatori audiovisivi di destinare le proprie frequenze DVB-H alla trasmissione di programmi in digitale terrestre. L’atto interessa particolarmente Rai e Mediaset, che possiedono questo tipo di frequenze e potrebbero decidere di convertirle, rinunciando automaticamente alla partecipazione all’asta. Infatti, secondo regole fissate dall’Antitrust europeo, nessun operatore può avere più di cinque multiplex per il DVB-T. Scegliendo di riservare al digitale le frequenze attualmente inutilizzate, i principali broadcaster italiani raggiungerebbero il tetto massimo previsto dall’UE.
Alberto De Bellis

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