Editoria

Il rapporto Cpj, 293 giornalisti in carcere nel mondo

In tutto il mondo ci sono 293 giornalisti in carcere. I dati del rapporto del comitato internazionale per la protezione dei giornalisti. “Guida” la poco commendevole classifica la Cina, seguita dal Myanmar. I fatti di Hong Kong hanno letteralmente “trascinato” i dati di Pechino in cima alla graduatoria. Gravi i dati che arrivano anche dall’Egitto, terzo nel mondo. Drammatica la situazione anche tra Etiopia ed Eritrea, anche per gli effetti del conflitto del Tigré. “Crollano” i detenuti in Turchia e Arabia Saudita.

Secondo i dati diffusi dal Cpj, come riporta Nova.news, risultano incarcerati sul territorio cinese ben 50 giornalisti. Tra questi, alcune delle firme dei giornali vicini alla protesta di Hong Kong. Nel mirino delle autorità del Paese del Dragone anche le fonti, definite “collaborazioniste”, giornalisti e operatori dell’editoria, che avrebbero fornito materiale a gruppi di opposizione. I dati del Myanmar disegnano un’escalation in pochissimo tempo. Pesano gli scontri civili, le proteste e le reazioni delle autorità. 26 i giornalisti in carcere nel Paese del Sud Est asiatico.

Si sono letteralmente compressi i dati relativi ai giornalisti in carcere tra Turchia e Arabia Saudita. Ankara e Riad hanno proceduto a rilasciare molti accusati negli ultimi mesi. Soprattutto in Turchia, dopo il golpe fallito di qualche anno fa, la situazione è leggermente migliorata. Ankara non è più in cima alla classifica. L’Arabia Saudita, dopo il caso Khashoggi che ancora agita il dibattito internazionale, ha migliorato la sua posizione, scendendo con “soli” 14 giornalisti in carcere e nessun nuovo arresto nel corso dell’anno.

L’incremento più alto, però, sembra riguardare la Bielorussia. Dove languiscono in carcere 19 giornalisti. Tutti arrestati nel corso di quest’anno. Reazioni che paiono legate alla difficile situazione politica interna di Minsk. Dove sono fioccate le proteste di piazza e i contestatori avevano messo nel mirino il presidente Lukashenko. Una protesta che aveva avuto l’avallo dell’Unione Europea e che ancora oggi tiene lontani Bielorussia e Bruxelles.

 

Luca Esposito

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