Quando a giugno il Financial Times ha creato una web app, raggiungibile dal web, da cui leggere il giornale anche offline, in molti hanno storto il naso. Chi pensava non avrebbe funzionato, chi riteneva fosse una mossa suicida.
A tre mesi di distanza, invece, le cose sono andate talmente bene da convincere altre aziende come Amazon, Barnes & Nobles e Wal Mart a creare applicazioni simili.
La ragione è semplice: in un app scaricabile dall’App Store di Apple, la società californiana trattiene il 30% del prezzo pagato per scaricarla e di qualsiasi altro trasferimento di denaro al suo interno. Insomma, nel caso del quotidiano inglese, Apple avrebbe guadagnato il 30% dei soldi dell’abbonamento alla sua edizione digitale. Cosa che non succede con una web app.
Il segreto sta tutto nel linguaggio di programmazione Html5, tuttora in fase di sviluppo, che permette di scaricare un gran numero di informazioni via browser, e di fare un’app che sia usufruibile da qualsiasi device: quelli con iOS della Apple, quelli di Android e così via.
Oltre al danno, la beffa: tutto ciò era stato previsto. Da chi? Proprio lui, il papà di Apple: Steve Jobs. (Lettera 43)
Renzi sgancia la bomba: la Rai pagherebbe, naturalmente con soldi pubblici, il Fatto Quotidiano. L’ex…
Ieri i giornalisti di Agenzia Dire si sono astenuti dal lavoro per una giornata di…
Addio a Luigi Bardelli, presidente nazionale di Corallo. Il giornalista è scomparso nella notte tra…
In previsione delle attività di certificazione del bilancio di esercizio al 31.12.2023, ricordiamo che il…
Sul sito del Dipartimento informazione ed editoria è stato pubblicato l’elenco dei soggetti che hanno…
Alcune giornaliste del Tg1 sarebbero state oggetto di minacce per non aver aderito allo sciopero…