Il caso di Rete 7, l’emittente emiliana risorta dalle sue stesse ceneri

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Partiamo dal principio.
“È Tv” è un network televisivo multi-regionale, formato da È TV Emilia-Romagna ed È TV Marche, al capo di tutto c’è Erminio Spallanzani, facoltoso imprenditore titolare dell’omonimo gruppo Spallanzani, tramite Rete 7 SpA.
Gli  azionisti di minoranza invece sono: EmRo Finance (gruppo Banca Popolare dell’Emilia-Romagna), Comunicazione e Cultura di Roma, Intermirifica di Bologna, Art’è Comunicazione di Bologna.
Forte di un solido patrimonio, il patron delle tv emiliane possiede anche ben tre quotidiani locali: Il Domani di Bologna e l’Informazione di Modena e di Reggio Emilia.
Non c’è che dire un bell’impero quello del fortunato uomo d’affari, che può contare oltre agli introiti derivanti dal settore editoriale anche sulle ingenti entrate legate alle attività nel settore dell’acciaio, dei leasing e della produzione di zucchero.
Insomma si tratta di un abile diversificazione dei settori di investimento che nel 2004 ha fruttato al gruppo emiliano un fatturato di ben 452,8 milioni di euro.
Ma non è tutto oro quel che luccica.
Circa due anni fa, si iniziarono ad intravedere  le prime crepe nel sistema. Accadde quando i quotidiani posseduti da Spallanzani vennero chiusi d’improvviso, acquisiti dalla  Lega delle Cooperative, con relativo incasso da parte dell’ex proprietario di laute provvidenze pubbliche.
Il motivo del fallimento? Rimane piuttosto oscuro dal momento che i tre giornali emiliani sono stati chiusi malgrado avessero un debito complessivo di poche centinaia di migliaia di euro.
Fatto sta che i giornalisti che ci lavoravano, ben 36 professionisti, persero il lavoro, e per giunta il loro licenziamento venne formalmente avviato proprio da un “collega” anch’egli cronista, che in quel momento ricopriva anche l’incarico di legale rappresentante della società.
Intanto con l’inabissamento della carta stampata, anche le emittenti controllate dal gruppo Spallanzani hanno iniziato a mostrare preoccupanti segnali di cedimento.
Nel corso degli ultimi anni, Rete 7 spa ha navigato a vista in un mare di debiti. A poco è valso  il sacrificio dei dipendenti che negli ultimi due anni hanno lavorato in regime di solidarietà in deroga, con riduzione dell’orario di lavoro fino al 50%.
Tradotto in soldoni: i conti non tornano.
Spallanzani  nel tentativo di risanare le emittenti, ha deciso di circondarsi di alcuni consulenti molto speciali. E’ il caso di Giovanni Mazzoni, giornalista pubblicista (ma a Rete7 era stato assunto come impiegato), di un consulente del lavoro dello studio Arveda di Reggio Emilia, del  sindacato dei giornalisti e della Cgil-Cisl-Uil in rappresentanza di tecnici e amministrativi.
Riunioni allargate, incontri e discussioni hanno portato infine alla decisione finale partorita nella notte tra Natale e Capodanno: una società nuova di zecca, dal nome di Rtr7, libera da debiti e pronta a sostituire per le trasmissioni di Antenna1 Modena e Teletricolore Reggio l’indebitatissima Rete7, che continua a controllare solo la tivù di Bologna.
In questa società , che fa capo agli stessi soggetti delle altre di cui si parla, compresi parenti e affini, sono stati dirottati i dipendenti delle televisioni di Modena e Reggio.
E’una sorpresa dolce amara per i giornalisti, i cui interessi vengono salvaguardati solo in apparenza.
Vediamo perché.
I lavoratori dovrebbero dimettersi da Rete7 (e, secondo quanto prospettato dall’azienda, aspettare un annetto prima di incassare tfr e quant’altro dovuto, vista la scarsa disponibilità di liquidi) per essere assunti nella nuova società perdendo tutti gli scatti di anzianità e i diritti acquisiti precedentemente.
Il che vuol dire che dal 20 gennaio, data d’inizio della messa in chiaro del canale, i dipendenti delle televisioni di Modena e Reggio saranno trasferiti a Bologna, con tutte le spese di viaggio che ne deriveranno.
Tutto ciò a solo vantaggio dell’azienda che otterrebbe un taglio significativo del costo del lavoro e nel contempo potrebbe attenuare gli ipertrofici debiti di Rete7 con i contratti di solidarietà per i lavoratori rimanenti.
Insomma non c’è trucco, non c’è inganno, ma certe “mosse” da parte della società emiliana destano le perplessità anche della Federazione nazionale della stampa italiana (Fnsi) che dichiara: “L’Azienda con questo ‘trucco’ sembra cercare anche di beneficiare di nuovi contributi pubblici sdoppiando le testate e cercando in tal modo di superare le norme vigenti». Per questo Aser e Fnsi «denunciano tale comportamento oltremodo scorretto di un’azienda che da anni gode di ammortizzatori sociali attraverso i quali ha ridotto in modo sostanziale il costo del lavoro e contemporaneamente si vanta di beffare le istituzioni e i sindacati violando quegli accordi appena sottoscritti». Il sindacato dei giornalisti conclude invitando il Corecom «a vigilare sulla corretta applicazione delle norme che definiscono l’erogazione del finanziamento pubblico in quanto ci pare palese il tentativo da parte di una sola proprietà di averlo sdoppiato».

 

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