IL CASO DI DPLMODENA.IT: UN EPISODIO DI CENSURA POLITICA?

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Nei giorni scorsi il Segretario Generale del Lavoro ha fatto chiudere dplmodena.it, il sito della direzione provinciale del lavoro di Modena. Un caso di censura politica che ha infiammato associazioni e cittadini, i quali hanno puntato il dito sul Ministro Elsa Fornero. Quest’ultima ha dichiarato di non sapere nulla dell’atto che ha ordinato la chiusura del dominio, il quale sarebbe stato opera del suo dicastero. Rileva, perciò, l’assenza di cooperazione tra il Ministro e i suoi collaboratori su un tema delicato come la libertà d’informazione. In ogni caso, il provvedimento governativo che ha ordinato la chiusura del dominio poco si confà alla legislazione di uno Stato democratico. In primo luogo, perché questo potere spetta all’autorità giudiziaria, che può esercitarlo solo in presenza di valide motivazioni legate all’ordine pubblico e al buon costume. In secondo luogo, non convincono le ragioni con cui il Segretario ha giustificato la chiusura del sito.

Nella nota del 5 Aprile 2012, il Ministero del Lavoro ha stabilito la cessazione dell’attività informativa del sito dplmodena.it al fine di garantire una rappresentazione uniforme delle informazioni istituzionali. Qualcosa non va, se in una democrazia pluralista il Governo sopprime palesemente la libertà d’opinione. E il sito in oggetto, che negli ultimi dieci anni ha contribuito concretamente alla diffusione delle novità in tema di lavoro, era una fonte preziosa per cittadini e addetti del settore. Di fatto, poi, l’omogeneizzazione cercata dall’Esecutivo non si è di certo realizzata. In rete, continuano ad esistere, diversi tra loro per forma e contenuti, i siti delle altre direzioni provinciali. I portali degli uffici di Asti, Caserta, Oristano, Imperia e Viterbo, ma sono solo alcuni esempi, si caratterizzano per la sporadicità degli aggiornamenti e la mancanza di notizie in un periodo di intensi cambiamenti in materia. Tuttavia, la censura si è abbattuta solo sul portale modenese, uno dei più seguiti nel panorama nazionale. Non si capisce perché, ma non si può fare a meno di pensare che il Ministero abbia voluto zittire una voce fuori dal coro, tra le più attive nel dibattito nato dalla riforma del lavoro.

Associazioni e politicanti si scagliano contro l’Esecutivo. Cgil e Cisl hanno parlato di “scelta incomprensibile, grave ed ingiustificata” in quanto quel sito era “una miniera di dati, informazioni, riferimenti legislativi e normativi” in materia di lavoro. Di Pietro ce l’ha con la Fornero: la definisce “badessa” e invoca un intervento radicale di Monti. Beppe Giulietti e Giuseppe Vita chiedono al Ministro di predisporre l’immediata riapertura del sito per far tacere chi pensa che si sia trattato di un provvedimento censorio. Preoccupano un pò le recenti dichiarazioni della Fornero in tema di libertà di informazione: “Non ho l’abitudine di chiudere i siti, se sarà un sito buono il Ministero farà tesoro delle buone idee e le valorizzerà”. Intanto non si capisce perché parli al futuro, a chiusura avvenuta, ma leggendo tra le righe si intravede la volontà di imporre l’autorità del potere pubblico su quello che è a tutti gli effetti un dominio privato, registrato a nome dell’esperto di politiche del lavoro Eufranio Massi. Si dice contraria alla censura, ma a cinque giorni dall’atto incriminato sul sito campeggia ancora l’avviso relativo alla chiusura. Troppe parole, pochi fatti: l’immediato ripristino del sito è l’unico modo per ridare un po’ di dignità ai vituperati valori tutelati dall’art. 21 della Costituzione.

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