GOVERNO STUDIA NUOVE REGOLE PER ASSEGNARE A PAGAMENTO I CANALI DOPO LO STOP AL BEAUTY CONTEST

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Le direttive europee del 2009 sul nuovo quadro delle telecomunicazioni, non ancora recepite dall’Italia, definiscono lo spettro frequenziale una «risorsa pubblica di alto valore economico e sociale», ma da utilizzare in modo flessibile, senza riserve o esclusive per un servizio o per una tecnologia.
In Italia c’è stata l’asta della banda 800 Mhz, che ha portato in dote allo Stato 2,963 miliardi di euro sui 3,945 raccolti. E c’è il beauty contest, il cosiddetto dividendo digitale interno al sistema tv, che doveva assegnare sei frequenze nazionali secondo una graduatoria stilata da una commissione di tre membri. La Fondazione Bordoni ha chiesto una pausa, la commissione non si è più riunita e la graduatoria forse non sarà mai stilata: il Governo Monti è propenso ad annullare tale procedura voluta dal Governo Berlusconi. Cosa fare adesso di queste sei frequenze nazionali, peraltro non equivalenti, essendo le più appetibili riservate nei fatti a Rai e Mediaset? Rai e Mediaset che ne hanno già avute quattro come “eredità dall’analogico” e che ne hanno una quinta nello standard Dvb-h per la tv mobile, ormai defunto?Le proposte non mancano, ma devono fare i conti con l’anomalia storica del sistema nazionale.
A proposito di eredità: le frequenze analogiche non sono mai state assegnate con le concessioni. La transizione digitale è stata imperniata su un modello di continuità con l’assetto analogico, a scapito della tv nazionali minori e delle televisioni locali, alle quali sono state assegnate anche le frequenze poi oggetto dell’asta competitiva.
Il beauty contest era il punto d’arrivo di una trattativa tra Italia e Commissione Ue per chiudere la procedura d’infrazione aperta da Bruxelles contro le leggi nazionali (Gasparri in primis ma anche la 66del 2001, approvata dal Centrosinistra), che riservano la tv digitale a chi utilizza frequenze analogiche, in alcuni casi senza alcun titolo per farlo.
E il caso di Rete4, sempre a proposito di “eredità analogica”, mentre Europa7, pur avendo la concessione, non ha mai avuto assegnato le frequenze analogiche e ne ha ricevuto una in digitale solo grazie a una sentenza della Corte di giustizia europea.
E se il “concorso di bellezza” sarà in qualche modo annullato, bisognerà convincere Bruxelles a non condannare l’Italia, creando una procedura che aumenti il pluralismo e la concorrenza a favore dei nuovi entranti. Una delle anomalie italiane è quella di avere operatori integrati verticalmente, che gestiscono la rete di impianti sulle frequenze assegnate (per il digitale) e il multiplex dei programmi trasmessi, che sono editori di palinsesti e contenuti e, in alcuni casi, controllano società di produzione dei contenuti.
La proposta avanzata su LaVoce.info da Carlo Cambini e Antonio Sassano, ad esempio, propone un’asta di parte delle frequenze del beauty contest riservandola agli operatori di rete “puri”, che non siano fornitori di contenuti, e agli operatori mobili. Senza una separazione proprietaria, (tutt’altro che pacifica e di breve termine) tutti gli operatori italiani resterebbero esclusi dall’asta, a favore di qualche operatore europeo, abituato però a una situazione di monopolio e non a costruire reti per una o, al massimo, sei frequenze. Il gettito non sarà quello prospettato dalla Federai communication commission (Fcc) negli Stati Uniti per la vendita, al miglior offerente, di 120 Mhz della banda Uhf utilizzati dalle tv: sono i canali dal 31 al 51, lasciando alle stesse tv solo 29 dei 49 canali utilizzati per il digitale. Il Congresso sta però approvando una serie di misure compensative per le televisioni a fronte di un introito netto per il Tesoro americano stimato in almeno 15-16 miliardi di dollari (c’è chi parla di 40 miliardi di dollari). La lobby delle televisioni ha ottenuto tre miliardi di dollari per ricollocare i propri programmi in altre bande di frequenza, come quella in Vhf. Sarà, nel caso di un’asta per gli operatori di rete, la cessione, parziale o totale, della relativa capacità trasmissiva agli editori televisivi, a dover venire incontro a quanto richiesto dalla commissione Ue (e dalla Corte Costituzionale).
Con l’attuale assetto integrato, l’asta rischia di andare deserta: chi entrerebbe a concorrere con i grandi operatori tv, quando questi ultimi hanno già così tanta capacità? Il percorso ottimale? Ci vorrebbe una liberalizzazione del sistema televisivo, a partire dalla concentrazione delle risorse e dei diritti di trasmissione -con una Rai commissariata? – e in seguito una valorizzazione, per lo Stato e tutti i cittadini, dello spettro utilizzato. Sembra di raccontare una favola.

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