GOOGLE VS. PRIVACY: UNO STOP ALLA NUOVA POLICY POTREBBE VENIRE DAGLI STATI UNITI

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Il Centro di ricerca sulla privacy di Washington, EPIC, ha depositato mercoledì una denuncia contro la Federal Trade Commission al fine di ritardare l’entrata in vigore delle nuove politiche sulla privacy di Big G.

A partire dal 1° marzo Google imporrà a tutti gli utenti provvisti di un profilo, l’accesso integrato ad una gamma di servizi chiave quali GMail, Google Search, Google Maps, Google Docs, YouTube ed il social network Google Plus. Una novità destinata a trasformare il motore di ricerca in una piattaforma multicanale dove l’esperienza d’uso del navigatore darà vita ad un interscambio di informazioni sulle proprie abitudini e preferenze. L’assenza di un regime di opt out (ovvero di esenzione per l’utente iscritto) nel consolidamento delle nuove direttive prospettate da Mountain View rappresenta, non a caso, uno dei punti più contestati dal Gruppo di ricerca no profit, Electronic Privacy Information Center. Nel documento depositato presso la Corte federale del Distretto di Colombia, EPIC fa luce sul patto ventennale statuito tra il colosso della ricerca online e la FTC, che impone ad oggi l’applicazione di una procedura più trasparente nella richiesta del consenso degli utenti al trattamento dei propri dati associati a più prodotti e servizi. E’ interessante notare come tale accordo sia il risultato di un’altra denuncia depositata dallo stesso Osservatorio di Washington che anche in quell’occasione rilevò un’anomalia nella gestione della privacy da parte di Big G, al momento del lancio del defunto Google Buzz, l’antenato dell’attuale social network Google Plus. Il servizio in questione aveva compilato e reso pubblica in automatico la lista di utenti GMail all’interno delle pagine del social network, senza un esplicito consenso da parte degli iscritti al servizio. Una prassi che è valsa l’accusa di condurre pratiche commerciali sleali ed ingannevoli trasformando il servizio di posta elettronica in un servizio di social network senza offrire agli utenti alcuno strumento di controllo sulle informazioni mediante un’apposita formula di opt in.
L’accusa di EPIC si fa in tale frangente ancora più pesante dato che andrebbe ad investire la stessa FTC il cui mancato intervento potrebbe mettere “in grave pericolo la privacy di centinaia di milioni di utenti di internet”, si legge nel documento. Il Direttore esecutivo di EPIC Mark Rotenberg insiste sulla necessità che la Faderal Trade Commission rinforzi l’ordine di consenso imposto a Google, «avendone l’autorità ed il dovere – e prosegue- gli utenti che non sono d’accordo con le nuove politiche sulla privacy hanno il diritto di dire di no».

Google nella realtà dei fatti offre ai propri iscritti un’unica scappatoia, quella di abbandonare il servizio. Eppure il colosso della ricerca si difende dalle accuse ponendo l’accento sul beneficio derivante dalla semplificazione e dal miglioramento dell’esperienza d’uso dei propri utenti, garantendo che le informazioni raccolte in forma anonima (anche se associate a più prodotti usati sotto un unico account) non vengano cedute a terzi senza previo consenso dell’interessato ma vengano condivise solo all’interno di un uso integrato di più servizi.
EPIC però contrattacca, asserendo che l’unico scopo del cambiamento sarebbe quello di incrementare il business dell’advertising online con annunci ancora più mirati grazie ad una profilazione più accurata degli utenti, che l’upload e la visione dei video su YouTube, la cronologia delle ricerche su Google Search, i tag delle chat di GMail, le attività su Google Plus nonché la posizione rivelata da Google Maps, potrebbero garantire.

Entro il 17 febbraio la FTC dovrà fornire una replica alla denuncia depositata da EPIC. Intanto anche in Europa, l’Autorità francese CNIL (Commission nationale de l’informatique et des libertés) ha già aperto un’inchiesta per fare chiarezza sui nuovi termini di utilizzo del servizio imposto da Google ed operativi a partire dal 1° Marzo.

Manuela Avino

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