Le associazioni degli editori europee sono pronte a ingaggiare battaglia contro Google. Per il caso del test che “spegne” i giornali europei si coalizzano l’Emma, l’European Magazine Media Association, l’Enpa (European Newspaper Publisher’s Association) e l’Nme, la News Media Europe. E lanciano la sfida che è, per molti, tanti, giornali europei, quella della sopravvivenza: “Siamo estremamente preoccupati per la mancanza di informazioni e di trasparenza di questa iniziativa, nonché per le conseguenze che potrebbe avere per gli editori di stampa europei. Esortiamo pertanto Google a sospendere i test con effetto immediato e ad avviare un dialogo con il settore editoriale della stampa europea per concordare, in modo costruttivo e trasparente, una strada comune da seguire”. Gli editori europei temono il peggio e ne hanno ben donde: “L’importanza dei contenuti giornalistici nel modello di guadagno di Google è da tempo un punto di discussione sul quale il gruppo di Mountain View finora non è stato molto trasparente”. Altro che prove, test e algoritmi da migliorare: la questione è sempre la stessa, il vile denaro a cui si unisce un’autoproclamata unilateralità di scelta e giudizio sui contenuti: “L’annuncio unilaterale circa la riduzione dei contenuti giornalistici non è solo una risposta inappropriata ma anche una mossa inaccettabile con la quale Google valuterà Google sulla base di parametri di ricerca determinati da Google”. Uno scenario così è, davvero, da tecnocrazia. E nemmeno troppo avanzata. Gli editori pertanto tuonano: “Per anni le aziende tecnologiche hanno sistematicamente e senza alcuna giustificazione presentato il valore dei nostri contenuti giornalistici, ad esempio nella ricerca, molto minore di quanto non sia in realtà. Soprattutto nel caso di un gatekeeper digitale come Google -, concludono le associazioni – è fondamentale che ogni potenziale ricerca sia condotta in piena trasparenza e dopo una consultazione tempestiva con gli editori, sia testata e verificata in modo indipendente da terze parti indipendenti e che i risultati siano condivisi pubblicamente”.
[…] quelli dei nostri figli e dei nostri nipoti, allora perché non immaginare qualcosa di simile a un Eurobond Cultura, per esempio?”. Ma non è tutto: “Perché non immaginare che una percentuale dei soldi che noi, […]