Giuseppe Conte, il M5s e quel “mal di Rai”

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Se Il Governo fibrilla non è per il reddito di cittadinanza; ma per lo smacco registrato dal Movimento Cinque Stelle con l’ultima tornata di nomine dei direttori della concessionaria pubblica.

Quello che è successo è noto a tutti: il maggiore gruppo parlamentare non ha ottenuto nessuna direzione, nonostante, come si sa, i posti di alto profilo in Rai vengono divisi manuale Cencelli alla mano. In genere vengono esclusi dalla spartizione i riferimenti dei partiti più piccoli, che non riescono a sostenere i propri candidati nelle ore decisive. Questa volta, per assurdo, è successo al partito con più parlamentari.

Ritengo che proprio per la finalità di tutela del pluralismo sia del tutto naturale che le varie forze parlamentari propongano per i ruoli apicali persone di riferimento: la diversità viene tutelata anzitutto dando voce e tutela di presenza a tutti. E Giuseppe Conte, leader del Movimento cinque Stelle, questa volta sul principio non ha mosso obiezioni. Quindi, il movimento concorda con il criterio alla base di ripartizione delle direzioni della Rai.

Quello che il professore pugliese non ha proprio buttato giù è che proprio i cinque stelle sono stati esclusi dalla ripartizione. Il problema andrebbe però ricercato all’interno del partito, ormai si può chiamare così, per capire chi ha condotto le trattative per le nomine per il Movimento Cinque Stelle. Perché è evidente che i nomi non sono stati tirati fuori dal cilindro, anche perché i grillini sono tra quelli che il cilindro lo tengono in mano.

Si tratterebbe di dire “pane al pane e vino al vino”, quello che faceva, sguaiatamente, Grillo e che sembra diventato un tabù per il pettinatissimo leader dei cinque stelle. E la minaccia di non andare nella televisione come ripicca dà, come direbbe Protagora, la misura dell’uomo.

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