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GIORNALI, TIPOGRAFIE ED EDICOLE. RADIOGRAFIA DELLA “AGONIA DELLA CARTA”

Le previsioni sono brutte per chiunque, anche per chi le racconta. Crolla il prodotto interno lordo, crolla il mercato dei quotidiani e dei periodici: si polverizza, lentamente. Otto anni fa, le vendite in edicola generavano introiti per 4, 8 miliardi di euro, quest’anno riuscire a galleggiare sui 3 miliardi sarebbe un successo. La tendenza preoccupa quelli che seguono le curve sui grafici che tratteggiano uno scenario drammatico: ogni dodici mesi si perdono circa cento milioni di euro, un ritmo che si ripete dal 2004 e sarà costante (almeno) nei prossimi tre anni.

Il Fatto Quotidiano è in possesso di un recente studio che fotografa la recessione di un intero settore: che comincia nelle redazioni, prosegue nelle tipografie e finisce nelle edicole. Un effetto domino che rispedisce i giornali al passato di lastre piombate e telegrafi di periferia: si vendono 4, 7 milioni di copie al giorno come nel ’ 39. Vanno male persino i collaterali (libri, dischetti, francobolli, modellini), ostinata moda e fonte di salvezza negli anni ’80: quest’anno avranno un giro d’affari di 350 milioni di euro, sette anni fa superavano il miliardo. La filiera perde pezzi e posti di lavoro: i distributori locali erano 168 nel 2004, scesi a 109 nel 2011; le edicole erano 35. 500 nel 2004 e adesso ne mancano 5. 000 all’appello.

Non c’è un segno positivo che possa risollevare il morale e, soprattutto, i bilanci aziendali. La pubblicità si trasferisce in massa verso le tv, e ignora la carta: le maggiori 200 aziende italiane e straniere, che investono quasi 4 miliardi l’anno, spendono l’ 8, 5 per cento per i quotidiani, il 10 per cento per i periodici, lo 0, 67 per la free press, ma il 60 per cento è riservato alle televisioni.

Prima di lasciare la scrivania per una vacanza pagata a sua insaputa, l’avvocato Carlo Malinconico, sottosegretario per l’Editoria, pensava di creare un cervellone elettronico per le 30. 500 edicole superstiti: un sistema digitale per scoprire, in tempo reale, dove scarseggiano copie e dove abbondano. La riforma poteva ridurre sprechi di carta e di trasporto e aiutare le aziende a migliorare il prodotto offerto e la presenza sul mercato. Il governo suggeriva ai quotidiani che ricevono il contributo pubblico di abbandonare la carta stampata per traslocare su internet. Il problema è il solito, però: anche in rete la pubblicità scarseggia, decine di siti d’informazione si dividono il 4, 8 per cento di un mercato dominato dal televisore, cioè un paio di centinaia di milioni di euro l’anno.

Le società che editano quotidiani e periodici possono guadagnare in due modi: pubblicità o vendite. La giostra pubblicitaria gira sempre nella stessa e identica direzione, e dunque favorisce le concessionarie di Mediaset (in particolare), Rai (in diminuzione), La 7 (in crescita). Il circuito di vendite è come un esercito a ranghi ridotti: meno distributori, meno edicole. Un esercito debole farà fatica a vincere la battaglia per la sopravvivenza.

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