La clausola anti maternità, inserita nei formulari convenzionali per prestazioni professionali autonome nella Rai è destinata ad avere ripercussioni in tutto il settore della tv e dell’editoria. L’appello, questa volta, lo lancia il Sindacato dei giornalisti Rai (l’Usigrai) che si chiede se esistono collaborazioni pagate come prestazioni professionali che, invece, nascondono forme di lavoro subordinato. A questa domanda, per il sindacato, sono chiamati a rispondere ispettorati del lavoro, carabinieri del lavoro e ispettori previdenziali.
L’Usigrai e la Fnsi hanno da tempo fatto chiarezza sul precariato di categoria, prevedendo solo contratti di lavoro dipendente per i giornalisti impiegati a termine nelle testate e bacini di stabilizzazione per chi, così, è diventato precario. Molto più complicato ottenere un analogo risultato nei giornali, dove accertare i contratti autonomi di necessità che nascondono il lavoro dipendente ed esigerne la trasformazione è un processo che incontra generalmente minore collaborazione nell’attività di trasparenza.
Un fenomeno simile si registra nelle reti Rai, dove al Sindacato dei Giornalisti non è riconosciuto il sostanziale diritto di rappresentanza poiché la gran parte dei professionisti impiegati per le trasmissioni di approfondimento o del cosiddetto infotainment viene generalmente inquadrata sotto altre forme di lavoro autonomo (autori, programmisti ecc.). Ora la Rai fa sapere che sarà immediatamente rimossa la clausola sulla maternità degli “autonomi”. E’ una buona cosa, un elemento di scandalo finalmente cancellato, ma restano in profondità i gravi problemi denunciati.
L’urgenza – dopo tanti proclami degli ultimi tre Governi, compreso quello in carica – è quella di una legislazione che tuteli i diritti sociali e della maternità di tutti i lavoratori, a prescindere dalla condizione contrattuale con la quale operano per scelta o perché costretti. Il Governo batta un colpo chiaro al più presto in questo senso.
Per la Fnsi questi non sono temi di una sola stagione di dichiarazioni stampa ma di attività permanente – nonostante alcuni insuccessi causati dall’ottusità anche di quella parte di mondo industriale che ipocritamente si indigna – e perciò il Sindacato dei giornalisti continuerà ad incalzare le controparti editoriali tutte ( non solo la Rai), per la correttezza dei contratti di lavoro e per la dignità piena, non solo formale, dei rapporti di lavoro autonomo, per i quali resta necessaria comunque una legislazione che non consenta equivoci.
E intanto, a fronte delle denunce pubbliche che girano su tutti gli strumenti di comunicazione, gli organismi ispettivi di vigilanza vadano a fondo senza indugi”.
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