FINANZIAMENTI A RISCHIO PER RADIO RADICALE

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Radio Radicale nasce nel lontano 1975 in un piccolo appartamento nel quartiere di Monteverde a Roma. Anno dopo anno la radio è riuscita diventare punto di riferimento per chi si interessa all’attività parlamentare, andando al cuore della nostra politica, raccontando l’attualità degli avvenimenti. “Radio Radicale ha introdotto in Italia un modello di informazione politica che si caratterizza per due regole giornalisti che fondamentali: la trasmissione integrale degli eventi politici e, conseguentemente, l’eliminazione della mediazione giornalistica”, si legge sul sito dell’emittente.
Radio Radicale ottempera da anni a quel servizio pubblico stabilito nella legge 6 agosto 1990, n. 223 (Disciplina del sistema radiotelevisivo pubblico e privato) che afferma, nell’art. 24: “Con atto di concessione, possono essere assentite alla concessionaria pubblica tre reti televisive e tre reti radiofoniche oltre, ove richiesto dai Presidenti del Senato della Repubblica e della Camera dei deputati, una rete radiofonica riservata esclusivamente a trasmissioni dedicate ai lavori parlamentari.
La rete radiofonica a cui fa riferimento la legge non venne creata ma al suo posto, il 21 novembre 1994, fu sottoscritta una convenzione tra il Ministero delle poste e delle telecomunicazioni e il Centro di produzione Spa, la società editrice dell’emittente che assicura alla radio – che accede anche ai contributi per l’editoria – un fondo di 10 milioni di euro per svolgere il ruolo di servizio pubblico.

La convenzione tra il Ministero delle comunicazioni e il Centro di produzione Spa è stata successivamente rinnovata, prima dalla legge 11 luglio 1998, n. 224, e successivamente la legge finanziaria 2007 (legge del 27 dicembre 2006, n. 296) che autorizzò la spesa di 10 milioni di euro, per ciascuno degli anni 2007, 2008 e 2009. L’ultima trance della convenzione è dunque prevista per la fine del 2009.
E dopo cosa succederà?
“In teoria non dovrebbero esserci dei problemi sul rinnovo – aveva affermato il direttore Massimo Bordin – seppure qualche dichiarazione in giro ci ha un po’ allarmati”. Le dichiarazioni di cui parla Bordin è l’interrogazione parlamentare presentata da Alessio Butti, senatore di An che aveva chiesto “se non si ritenga opportuno revocare al più presto la convenzione tra il ministero delle Comunicazioni e il centro produzione Spa, titolare di Radio Radicale” perché “palesemente in contrasto” con la legge Mammì e “se non si ritenga sufficiente la presenza, come previsto dalla legge, del quarto canale radiofonico della Rai per la trasmissione delle sedute parlamentari ed i relativi approfondimenti”. La convenzione infatti era stata attivata proprio per la fornitura dell’ informazione parlamentare fino a quando non fosse subentrata la Rai.
Nella risposta, pubblicata negli atti del Senato, il sottosegretario Romani ricordò che per legge “è autorizzata la spesa della convenzione fino al 2009”, “ma allo scadere verranno certamente considerate la ormai piena operatività della rete Rai nonché le esigenze di riduzione della spesa pubblica”. Le parole di Romani avevano soddisfatto il senatore Butti per il quale si tratta di “uno spreco intollerabile, se Radio Radicale vuole stare sul mercato, lo faccia vendendo gli spazi pubblicitari come fatto tutte le emittenti private”.
In effetti, la legge parla di convenzione “in via transitoria”. Ma i radicali non si arrendono e sottolineano come Radio Radicale ha, tra i molti meriti, un archivio di un valore inestimabile e un impeccabile lavoro di documentazione politica e parlamentare. Lavoro che, al momento, GR Parlamento, non è sicuramente in grado di eguagliare, soprattutto dal punto di vista qualitativo: i guasti non sono rari e in quelle occasioni i trasmettitori rimangano spenti per giornate intere (a dimostrare l’interesse di Rai per la stazione). Ma è anche vero che Radio Radicale non ha mai risolto lo spinoso dualismo tra essere Radio di partito e insieme Radio di servizio pubblico.
Ma forse la domanda da porre è come mai, al tempo, il Legislatore impose la costruzione da zero di una rete assolutamente inutile (perché il compito già lo svolgeva egregiamente Radio Radicale) con milioni di euro degli italiani spesi per acquistare dai privati frequenze spesso disastrate senza una strategia di pianificazione. A ciò, poi, è da aggiungere il fatto, assolutamente incomprensibile, che GR Parlamento ce l’abbiamo sul groppone da oltre dieci anni e per oltre dieci anni abbiamo continuato a sovvenzionare Radio Radicale.
Fabiana Cammarano

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