FILTRI ANTIPIRATERIA ONLINE/VITTORIA DI GOOGLE: RESPINTO IL RICORSO DI MEDIASET PER VIOLAZIONE DI COPYRIGHT

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Il Tribunale di Roma ha dato ragione a Google nel contenzioso che ha visto contrapposto dall’anno scorso il leader dei motori di ricerca alla controllata di Mediaset, RTI, per l’upload illegale di contenuti video premium da parte degli utenti di BigG. Lo riporta in un post il blog ufficiale di Google “European Public Policy Blog”.
L’iter giudiziario era stato innescato dalla denuncia depositata da Mediaset riguardo l’uso illecito del servizio Blogger effettuato da un utente di Google che avrebbe offerto nelle pagine del proprio blog la visione in streaming di partite di calcio della serie A, disponibili sui canali a pagamento del Biscione.
Sebbene Google avesse provveduto a chiudere la pagina incriminata, RTI ha pensato bene di fare ricorso, rincarando la dose e richiedendo non solo la rimozione dei contenuti da parte di Google ma anche il blocco preventivo degli stessi in vista di futuri usi illeciti.
Rigettando il ricorso, con una sentenza storica del 14 dicembre, il Tribunale di Roma ha di fatto ribadito che le piattaforme web non possono essere ritenute responsabili per tutti i contenuti caricati in tempo reale dagli utenti. Ma vi è di più. Con riferimento alla sentenza della Corte di Giustizia Ue del 24 novembre scorso per il caso Sabam vs. Scarlet (che ha sancito il divieto di imporre filtri anti pirateria agli ISP) e alla direttiva Ue sul commercio elettronico, il giudizio emesso ieri ha anche stabilito che in capo agli internet provider e agli intermediari nell’accesso ai contenuti sul web, non sussiste alcun obbligo di monitorare in via preventiva l’uso del servizio da parte degli utenti. Negli stralci del giudizio riportati sul sito “Wired.it” dall’avvocato esperto di diritto dell’Informatica, Guido Scorza, viene di fatto ribadito che il titolare dei diritti d’autore non possa invocare la pronuncia, da parte di un Tribunale, di un provvedimento «finalizzato ad impedire la diffusione di contenuti non ancora presenti sulla rete” dal momento che il diritto alla loro tutela, così come disciplinato dalla legge sul diritto d’autore, “deve essere armonizzato ed attuato nel bilanciamento dei contrapposti interessi coinvolti – tutela della proprietà intellettuale, tutela della libera circolazione dei servizi, tutela della libertà di informazione”.
A scanso di equivoci la sentenza chiarisce, nel prosieguo, che “Il controllo preventivo non pare condotta esigibile dall’hosting, dal momento che il giudice italiano non può porre uno specifico obbligo di sorveglianza in violazione del chiaro dettato comunitario”. A ciò andrebbe aggiunta l’impossibilità oggettiva, oltre che onerosa, di porre sotto sorveglianza continua un server. Ma il giudizio si spinge persino oltre, sollevando una questione di principio: “anche ove il controllo divenisse attuabile con costi contenuti e con meccanismo automatici, configgerebbe con forme di libera manifestazione e comunicazione del pensiero”.

Con una decisione “storica”, il Tribunale di Roma ottiene così di fare chiarezza sull’effettivo grado di responsabilità gravante sugli internet provider e sui fornitori di hosting come Google, ribadendo una volta per tutte il loro ruolo di intermediari e non di “sceriffi” nel video hosting illegale così come nell’accesso ad altri tipi di contenuti online protetti da diritto d’autore.

Manuela Avino

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