FILTRI ANTIPIRATERIA ONLINE/AGCOM: MAI CHIESTO PARERE AL PROFESSOR VALERIO ONIDA

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L’Autorità garante delle comunicazioni smentisce in un comunicato la richiesta di un parere esterno dell’ex Presidente della Corte Costituzionale, Valerio Onida, in tema di misure di contrasto alla pirateria informatica.
Il documento firmato dall’emerito costituzionalista e volto a legittimare de iure il coinvolgimento degli Internet Service Provider nell’opera di filtraggio dei siti online nazionali ed esteri sospettati di violare il diritto d’autore, sarebbe “un parere pro-veritate prodotto da Confindustria cultura nell’ambito della consultazione pubblica svolta dall’Autorità tra i soggetti interessati”.
Un chiarimento, quello dell’Agcom, che giunge “tempestivo”, subito dopo le reazioni dell’Associazione AIIP contrariata per le considerazioni addotte dal giurista che non terrebbero nella dovuta considerazione i recenti sviluppi giudiziari tracciati dalla Corte di Giustizia Europea e dai Tribunali delle Libertà di Padova e Belluno. Sentenze che mostrano una direzione opposta rispetto all’intento di fare degli Isp dei veri e propri “sceriffi della rete”. Ma una spiegazione per tali omissioni è presto dedotta. Il parere in questione sarebbe un po’ datato visto che risalirebbe all’ottobre 2011.
Un “caso” quello aperto da un articolo del quotidiano Repubblica, del giornalista Aldo Fontanarosa, che ha ottenuto di riaccendere vecchi contrasti anche se risalenti al vecchio testo della delibera Agcom sul diritto d’autore che, nella versione redatta il 6 luglio 2011, già escluderebbe di fatto la previsione di oscuramento dei siti stranieri da parte dei fornitori di accesso ad internet.

Dunque, tanto rumore per nulla? Non proprio. Scorrendo il documento a firma del giurista si evincono altri spunti di dibattito sul tema, con riguardo, in particolare, alla legittimità dell’Agcom, sotto il profilo sia soggettivo che oggettivo, di produrre un regolamento sulla tutela del diritto d’autore sulle reti di comunicazione elettronica, pur in assenza di un testo di legge aggiornato e che funga da cornice normativa.

Secondo l’ex Presidente della Corte Costituzionale, il quadro normativo vigente dettato in primis dal Decreto Romani (art 32-bis L.44/2010) già assegnerebbe all’Agcom il compito di emanare disposizioni regolamentari necessarie a “rendere effettiva l’osservanza dei limiti e dei divieti” designati per legge. Conclusioni lineari ma che mancano di specificare l’esatto contesto giurisdizionale in cui tale potere verrebbe conferito all’Autorità Garante delle Comunicazioni, ovvero lo specifico settore dei media audio-visivi che per definizione escludono “i siti Internet privati e i servizi consistenti nella fornitura o distribuzione di contenuti audiovisivi generati da utenti privati a fini di condivisione o di scambio nell’ambito di comunità di interesse; i servizi la cui finalità principale non è la fornitura di programmi; i servizi nei quali il contenuto audiovisivo è meramente incidentale e non ne costituisce la finalità principale”. La puntualizzazione è doverosa, dato che da sola sarebbe sufficiente a mettere in discussone la legittimità di estensione del potere regolamentare in analisi, a soggetti non suscettibili di un intervento di tipo amministrativo. Ma è pur vero che, da un punto di vista giuridico, la stessa ragion d’essere e la funzione di un’Autorità amministrativa indipendente, quale l’Agcom, risponda alla facoltà del Legislatore di rinunciare al proprio compito ricorrendo alla cd “broad delegation”, affidando cioè all’Authority un potere normativo di rango sub-costituzionale, posto sullo stesso piano della legge del Parlamento.
Una facoltà a cui però i maggiori rappresentanti del Governo hanno dichiarato più volte di non voler abdicare. Basti pensare ai Senatori del PD Luigi Vimercati e Vincenzo Vita che hanno posizionato i riflettori sull’urgenza di una legge organica posto che “Quella su cui poggia la delibera è una base normativa troppo ristretta rispetto alla necessità di intervenire su una materia così ampia e complessa”. Mentre i quattro parlamentari Felice Belisario (IDV), Marco Perduca (Radicali), Flavia Perina (FLI) e lo stesso Vincenzo Vita, hanno rimarcato in una lettera indirizzata all’Autorità la propria “preoccupazione per un conflitto possibile tra la centralità e la esclusiva competenza del Parlamento in materia legislativa e il lavoro dell’Agcom”, invitando la stessa a rispettare “il suo e il nostro ruolo aspettando che il Parlamento legiferi”. Una priorità indirettamente sottolineata dalle stesse parole del Professor Onida (pur pervenendo ad una diversa conclusione) che, in riferimento al principio costituzionale della riserva di legge, avverte che non sempre sia di tipo “assoluto” ma spesso di tipo relativo, “nel senso che è soddisfatta quando sussista una sufficiente base di legge che può essere integrata e specificata da fonti subordinate”. Ma non sembra essere questo il caso, dato che l’attuale impianto normativo farebbe riferimento ad una legge, quella sul diritto d’autore, ferma al 1941 (n. 633) mentre la materia su cui l’Agcom vorrebbe intervenire riguarda in buona parte la disciplina dell’uso delle nuove tecnologie e piattaforme di riproduzione digitale.

Perché allora tutta questa fretta di approvare una delibera prima della scadenza del mandato dell’Authority previsto per questo maggio? Una risposta, forse, la avremo il prossimo 21 marzo, data di convocazione al Senato del Presidente Corrado Calabrò.

Manuela Avino

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