Editoria per l’infanzia, bene i numeri ma ci vuole più qualità

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Editoria per l’infanzia, un settore che tira. I dati – lo abbiamo visto in un precedente articolo – sono confortanti, con un incremento delle copie vendute, un più 6,4 per cento tra il 2014 e il 2015

La qualità dell’offerta, come sottolinea Barbara Schiaffino, direttore della rivista di punta Andersen, che da oltre trent’anni promuove l’omonimo premio, sta crescendo. Insomma, il young-adult fa tendenza – visto il recente proliferare dei titoli – e fa mercato. Un tassello fondamentale, perchè la lettura possa sempre più diffondersi è rappresentato non solo dalle famiglie (vi dedica un’intera pagina il Corriere della Sera con “Tempi liberi” del 20 giugno), ma anche da scuole e biblioteche.

Ne parliamo con uno dei principali esperti del settore a livello nazionale, Luigi Paladin, docente di psicologia sociale all’università di Brescia, nonché di “Biblioteconomia e psicopedagogia della lettura” presso la Scuola per bibliotecari, sempre a Brescia. Esattamente dieci anni fa, nel 2005, Paladin ha ricevuto il Premio Andersen come “protagonista della promozione della lettura”. Un paio d’anni fa è stato il protagonista della tre giorni del “corso di lettura ad alta voce e di aggiornamento sull’editoria per i bambini e i ragazzi”, organizzato dal “Sistema bibliotecario Valle Varatella” (che raggruppa quattro biblioteche della Liguria).

Partiamo proprio dal ruolo delle biblioteche nella promozione della lettura.
Purtroppo nel sistema pubblico di diffusione della cultura nel nostro Paese registriamo un pesantissimo gap rispetto alle altre nazioni. Prendiamo proprio le biblioteche scolastiche, uno dei pochi presìdi sul territorio. Tutto è lasciato alla buona volontà e sensibilità di alcuni volenterosi insegnanti, ma non esiste una reale programmazione. Così, con pochi mezzi e strumenti a disposizione, è difficile fare miracoli. E le iniziative sparse sul territorio, un po’ a macchia di leopardo, sono poche gocce in un quasi deserto.

La questione, però, non è da poco, la crescita dei bimbi da 0 a 6 anni e oltre, quello che apprendono…
E’ un territorio nuovo, ancora in parte inesplorato, e nel quale le neuroscienze avranno un peso sempre più determinante. E’ fondamentale andare a fondo sulle riflessioni circa il metodo più adatto per avviare alla lettura, per insegnare a leggere. Sotto questo profilo il metodo globale presenta non poche lacune. E’ proprio tra i 5 e i 6 anni che nasce e comincia a svilupparsi la motivazione alla lettura, il bimbo inizia a decodificare e si chiede “cosa mi dai da leggere?”.

A questo punto entrano in gioco i genitori.
Sì, è qui che si gioca, in famiglia, la partita più importante. E non a caso parlo di “gioco”. Perchè è il genitore a scegliere i giocattoli per suo figlio, a scegliere il libro, quel libro, quel fumetto. E allora, che li produce, quei libri-giocattolo, deve catturare la sensibilità del genitore, al quale quel prodotto deve piacere, per le sue immagini, per la sua struttura, per la sua narrazione.

Secondo alcune stime, c’è un 60 per cento di genitori che praticamente non legge, cioè meno di un libro all’anno. Però, forse per un senso di colpa, stimola i figli fin da piccoli alla lettura. E’ così?
E’ la realtà che si sta sviluppando. Ed è proprio un segmento forte, e nuovo, nel mondo della lettura, e dell’editoria più in generale, che si sta formando. In sostanza, c’è uno zoccolo duro di lettori forti che continua ad esistere, ed ovviamente avvia i bimbi alla lettura. Ma c’è una fascia del tutto nuova, di non lettori, che si sta progressivamente e sensibilmente sviluppando: è quella dei lettori-genitori. Ossia dei lettori perchè genitori.

Può spiegarsi meglio?
Nei “nuovi” genitori c’è una voglia di apprendere di più sul proprio ruolo: e da qui si registra un aumento nelle vendite di quei libri, soprattutto di psicologia, che possono fornire spiegazioni e consigli sul rapporto con i propri figli, su come essere genitori: un filone in decisa crescita. Ma c’è poi la tendenza a comprare libri, per i figli, proprio perchè si diventa padre o madre. Quel genitore che prima comperava solo il giocattolo, nei suoi tipi più vari, ora si avvicina al libro, cartaceo, digitale, app, ma comunque un prodotto editoriale che fino a ieri non approcciava. Tutto ciò è particolarmente evidente nella fascia fino ai 6, 7 anni.

Un fenomeno destinato a svilupparsi ancora di più?
Si, ma entro certi confini. Perchè in Italia ci sono meno genitori, meno figli…

Comunque il settore dell’editoria per infanzia mostra sensibili segni di incremento.
E’ un settore che tiene bene, che ha una buona capacità di porsi. Mi riferisco soprattutto alla primissima infanzia. Molto è dovuto alle importanti iniziative a carattere nazionale che hanno man mano preso sempre più piede. Comunque il problema vero non è tanto la quantità dei prodotti venduti, i cui numeri sono appunti positivi, in crescita. Il vero problema è la qualità. E su questo versante si sono fatti dei passi, ma occorre farne molti altri, la qualità deve ancora venir fuori, deve trovare le sue forme espressive.

Quali differenze rimarca tra l’editoria cartacea e quella digitale, sempre per il mondo dell’infanzia?
Carta e digitale, libri e app, sono strumenti del tutto diversi, hanno caratteristiche profondamente differenti. Il cartaceo è importante per il bambino per il contatto, la maneggevolezza, ma ancor più per la condivisione, il contatto che si crea con il genitore, quando si legge insieme, oppure quando il padre o la madre leggono ad alta voce. L’impianto narrativo forte, ben strutturato, del resto, non può che trovarsi nei libri. Mentre l’app è tutta immediatezza, molto più frammentata, episodica, spezzettata, perchè s’incrocia con i giochi e le varie situazioni che si possono creare. Pensiamo al Pinocchio classico e a quello digitale, col naso che si allunga e si colora… Comunque, sul mercato le app stanno crescendo di qualità. Ad esempio, una nuova sigla solo da alcuni anni in vita, Minibombo, sta realizzando delle ottime app, e cercando un abbinamento valido tra libro cartaceo e app. Comunque, ci sono capolavori e degli unici che non si possono tradurre nel mondo digitale. Penso alle creazioni di Roberto Innocenti, le sue storie per immagini: può essere solo cartaceo, perchè il codice iconico delle app non potrà mai raggiungere quelle profondità.

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