DIGITALE TERRESTRE: CI SONO FREQUENZE PER TUTTI?

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La situazione delle tv locali, all’approssimarsi del passaggio definitivo dall’analogico al digitale, non sembra preoccupare le due maggiori associazioni di categoria, ovvero Aeranti-Corallo e la Frt. “A noi interessa che ciascuna tv locali diventi operatore di rete avendo assegnata una frequenza, senza accordi forzati imposti dallo Stato. In Sardegna è stato così e anche a Roma e nel Lazio, la più critica tra le regioni che passeranno al digitale nel 2009, ce la dovremmo fare”. Sono le parole pronunciate dal presidente della Frt, Marco Rossignoli.
Le tv nazionali hanno ora un tetto ben preciso, quello di 24 frequenze per altrettanti multiplex, di cui tre per la tv mobile in Dvb-h (che, a oggi, non appare propriamente un successo di mercato). Se ci sono 55 frequenze utilizzabili, come nella zona Torino-Cuneo, non c’è problema a dare una frequenze a ciascuna delle 25 tv locali. Se saranno solo otto di meno, nel Lazio come le associazioni credono, sulla scia del Governo, ci sarà spazio per tutti, anche se proprio di misura.
Ma siamo “proprio sicuri che questo modello di transizione al digitale sia il migliore, nell’interesse generale del sistema Italia?”, si chiede Marco Mele, in un articolo pubblicato sul blog de Il Sole 24 Ore. “Ci sono risorse tali – continua il giornalista – per cui ciascun operatore di rete locale potrà offrire sei canali tv o due ad Alta Definizione? Risorse economiche e in termini di diritti di trasmissione, s’intende. O si aprirà una nuova stagione di compravendita di frequenze regionali? Chi le comprerà, se c’è un tetto, concordato con la Ue, per le emittenti nazionali (che fotografa, nei fatti, il modello Sardegna, ampliando solo da due a tre le frequenze da assegnare a nuovi entranti e tv nazionali minori)? E non dovrebbe esserci un dividendo digitale da assegnare, con procedure comunitarie, anche a nuovi entranti che vogliano operare su una sola regione? Le cinque rei assegnate, lo saranno infatti per i soli operatori nazionali. Non si rischia di premiare con una larghezza di banda esagerata, rispetto alle capacità produttive, emittenti che non hanno mai né prodotto televisione né fatto informazione?”
“Non sarebbe il caso – conclude Mele – di prevedere un dividendo digitale da assegnare, con gara competitiva, a servizi di mobilità in larga banda, anziché assegnare tutta questa banda di frequenze alle televisioni, senza tener conto della concentrazione di risorse e diritti nella mani di pochi?”
Antonietta Gallo

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