Diffamazione, la pubblicazione dell’iscrizione della denuncia nel registro delle notizie di reato non lede la reputazione dell’indagato

Pubblichiamo sul nostro sito una sentenza della Cassazione Civile risalente al 19 settembre 2014. Oggetto del provvedimento è la natura diffamatoria di  articoli pubblicati in un quotidiano appartenente alla   Società Editrice Tipografica Atesina spa.  La Suprema Corte rigetta il ricorso dell’attore contro la sentenza di appello che aveva giudicato non diffamatori gli articoli. Fino alle sue pronunce più recenti la Corte di Cassazione ha costantemente affermato che l’esercizio del diritto di cronaca e di critica, lecito anche se in conflitto con diritti e interessi della persona ove sussistano i parametri dell’utilità sociale alla diffusione della notizia, della verità oggettiva o putativa, della continenza del fatto narrato o rappresentato, costituisce estrinsecazione della libertà di manifestazione del pensiero prevista dall’art. 21 Cost., e dall’art. 10 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo. Merita ribadire che la responsabilità del giornalista per lesione dell’altrui onore o reputazione è esclusa dal legittimo esercizio del diritto di cronaca e tale esercizio è legittimo sia quando il giornalista riferisce fatti veri, sia quando riferisce fatti che apparivano veri al momento in cui furono riferiti (in virtù del principio della c.d. verità putativa). Ne deriva che al giornalista, convenuto nel giudizio di risarcimento del danno da diffamazione, per andare esente da responsabilità basta dimostrare non la verità storica dei fatti narrati, ma anche soltanto la loro verosimiglianza; fornita tale prova, è onere di chi afferma di essere stato diffamato dimostrare che la fonte da cui il giornalista ha tratto la notizia, al momento in cui questa venne diffusa, non poteva ritenersi attendibile. La pubblicazione sulla stampa dell’iscrizione della denuncia nel registro delle notizie di reato non può considerarsi ex se lesiva della reputazione dell’indagato, posto che la tutela penale accordata dall’art. 684 c.p., non attiene alla sfera di riservatezza dell’indagato o dell’imputato, ma alla protezione delle esigenze di giustizia inerenti al processo penale nella delicata fase di acquisizione della prova. Link alla sentenza:

http://circolari.editoria.tv/?p=24973

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