De Benedetti gongola: “Domani ha 15mila abbonati, presto nuovi assunti”

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Carlo De Benedetti gioisce per il quotidiano Domani. Ha già 15mila abbonati e punta a nuove assunzioni. Una scommessa che pare stia andando bene, per l’ex editore di Repubblica. Che dal palco del Festival dei nuovi media a Dogliani, in provincia di Cuneo, ha rivendicato i successi della sua nuova creatura editoriale.

De Benedetti ha dichiarato che Domani “è un giornale un po’ scomodo che non voleva essere un amarcord di Repubblica”. “Non ha sport e cronaca, ma compensa questa sua anomalia con notizie che non si trovano sugli altri giornali. Le nostre ambizioni sono diventare un grande, credibile, neutrale internazionale fonte di informazione”. Un progetto che è sempre stato chiaro all’editore. Il quale ha puntato, fin dall’inizio, a costruire una testata paragonabile, come riferì durante un’intervista a Les Echoes in Francia, alla testata americana Politico. Che, per inciso, solo nelle scorse settimane è stata acquisita dal colosso Axel Springel per la somma monstre di un miliardo di dollari.

L’editore si è inoltre mostrato orgoglioso dei risultati raggiunti finora. Per Domani la strada è tracciata, ha spiegato De Benedetti. “Il nostro futuro è digitale, vogliamo crescere. Abbiamo raccolto 15mila abbonamenti in un anno, abbiamo traguardi importanti anche con l’immissione di nuove persone in occasione del primo compleanno”. Una sfida raccolta dal direttore Stefano Feltri che ha ribadito come il quotidiano che dirige sia una creatura “digital first” che punta a imporsi nel mercato della rete senza però trascurare la carta.

La scommessa di Domani è nata dopo i dissidi tra l’Ingegnere e i figli sulle scelte relative a Repubblica. Carlo De Benedetti ha lasagnato i suoi eredi e, anzi, ha lanciato la sua nuova sfida editoriale con un messaggio proprio inequivocabile: “Basta eredi”. A 87 anni si è rimesso in gioco in un’avventura che nessuno avrebbe consigliato manco per scherzo: la fondazione, dal nulla, di un nuovo giornale. E sta avendo ragione. A dimostrazione del fatto che, troppo spesso, il problema dell’editoria è (soprattutto) la mancanza di coraggio e di visione.

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