DDL DIFFAMAZIONE: VIA LIBERA IN COMMISSIONE GIUSTIZIA DEL SENATO. ORA TOCCA ALL’AULA. MA I NODI IRRISOLTI SONO TROPPI

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Il ddl diffamazione, approntato in seguito alla condanna a 14 mesi di carcere inflitta ad Alessandro Sallusti per un articolo scritto nel 2007 su Libero, è stato votato all’unanimità in commissione Giustizia del Senato. Ora il provvedimento è atteso all’esame dell’Aula. Tra le novità introdotte spicca l’abolizione del carcere per i giornalisti, mentre restano le pene pecuniarie che varieranno da 5 mila a 100 mila euro. Spetterà ovviamente al giudice decidere l’importo. La norma è stata estesa anche ai siti online delle testate cartacee.
Insomma: tutto deciso? Quasi. Almeno il primo passo è arrivato, sia pur tra non poche difficoltà. Ma procediamo con ordine. La commissione Giustizia del Senato, dopo il via libera al testo, si accinge a passare il “testimone” all’aula per l’approvazione vera e propria del dispositivo. Ad annunciarlo il presidente dell’organismo, Filippo Berselli (Pdl): «è stato conferito all’unanimità il mandato al relatore, la senatrice Silvia Della Monica (Pd, ndr)».
C’è da precisare che è da quasi un mese che il Parlamento sta lavorando al testo. Per la verità avrebbe dovuto trattarsi di una “legge lampo”. Invece sono trascorse quasi quattro settimane. Entro il 26 ottobre, giorno in cui scade la sospensione delle pena per Sallusti, il disegno avrebbe dovuto essere già bello e licenziato. Invece siamo ancora lontani dal “the end”. Sì, perché se domani il testo sarà “valutato” a Palazzo Madama poi dovrà ancora passare al vaglio di Montecitorio. Tradotto in soldoni: per il testo definitivo ci vorrà ancora tempo.
Tuttavia la commissione Giustizia del Senato sembra aver fissato dei punti (semi) fermi. Innanzitutto è stato abolito il carcere per i reati di diffamazione. Era la “mission” principale del provvedimento e almeno su questa il lavoro dei senatori non ha deluso. Le pene pecuniarie ovviamente restano: varieranno da 5 mila a 100 mila euro. Il relatore Filippo Berselli, senatore del Pdl, ha proposto un tetto di 50 mila euro. E si dava quasi per fatto. Ma la maggioranza della Commissione ha bocciato la modifica lasciando il tetto massimo a 100 mila euro. Spetterà ora al giudice decidere l’entità della multa. I parametri restano la gravità dell’offesa, la pubblicazione della rettifica, la diffusione e l’importanza della testata.
Le sanzioni disciplinari spaziano da tre mesi fino a sei anni di sospensione per i recidivi (chiunque essi siano, anche non giornalisti). Inoltre è stata approvata un’ulteriore ipotesi di aggravante in caso di coinvolgimento dell’editore nella diffamazione dolosa. Insomma una sorta di associazione a delinquere, tra editore, direttore e giornalista, a fini diffamatori. Quella che Roberto Saviano ha battezzato “macchina del fango”.
La nuova norma sarà estesa anche alle “appendici” telematiche delle testate cartacee. Ancora “salvi” i quotidiani on-line e i blog. Su questo fronte si sono scontrati Pd e Pdl. I democratici, chiedevano l’affrancamento totale del web. Il partito del Cavaliere premeva (e preme tutt’ora) per far rientrare anche questi sotto la “mannaia” della legge. In effetti scagionare le testate presenti su Internet significherebbe optare per una sorta di “discriminazione”, visto che cambia solo il supporto su cui viene veicolata la notizia. E che l’offesa può anche essere non cartacea. Ma sempre offesa resta. Altra cosa quando si parla di blog privati. Ma il Pdl vorrebbe la stretta anche su quelli.
È stata cancellata, infine, la riparazione come pena accessoria. Basterà il risarcimento in sede civile. Ritirato anche l’emendamento di Giacomo Caliendo, ex sottosegretario al governo Berlusconi. La proposta, battezzata “anti Gabanelli”, dal nome della conduttrice di Report (programma d’inchiesta in onda su Rai Tre), prevedeva la nullità delle clausole contrattuali che lasciavano solo in capo all’editore gli oneri derivanti da una condanna per diffamazione, costringendo così anche il giornalista a mettere mano al portafogli. Tuttavia pare che Caliendo stia pensando di riproporre il correttivo in Aula.
Staremo a vedere.

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