CYBERCRIME/ L’ITALIA COMPARE ANCHE QUEST’ANNO NELLA “WATCHLIST USA” DEI PAESI AD ALTO RISCHIO PIRATERIA

0
587

Autore della lista e dell’annesso Report “Special 301” per il 2011, è l’Office of United States Trade Rapresentative, ed il nostro Paese compare affianco a nazioni come la Bielorussia, la Bolivia, il Brasile, il Kuwait sino ad arrivare in Vietnam. “Certo non siamo in una bella compagnia”, ribadisce Tullio Camiglieri, coordinatore del Centro Studi per la Protezione dei Diritti e della Libertà di Informazione che in Italia sta conducendo la campagna antipirateria. E prosegue “Il nostro Paese non ha bisogno di primati di questo genere. Al contrario, in una situazione in cui l’impatto economico della pirateria è stimato intorno a 500 milioni di euro persi per i canali legali, con un’incidenza che dal 2009 al 2011 è cresciuta del 5% e con un totale di 384 milioni di atti di pirateria audiovisiva, non si può più aspettare ed è necessario agire subito”. È quanto invita a fare anche l’ambasciatore Usa Ronald Kirk, il quale ha sottolineato che il regolamento proposto dall’Agcom nella delibera sottoposta a consultazione pubblica n. 668/10/CONS del 17 dicembre 2010, se approvato in tempi utili, potrebbe offrire agli aventi diritto uno strumento efficace a limitare le violazioni della proprietà intellettuale. Rivolgendosi alle autorità italiane, Kirk ha quindi suggerito una tempestiva approvazione delle disposizioni Agcom che introdurrebbero un adeguato meccanismo contro il downloading illegale di materiale protetto da diritto d’autore e ogni altra forma di pirateria su Internet.
Finora la regolamentazione delle sanzioni ha fatto riferimento alla legge 633 del 1941 che conferisce all’Autorità solo poteri ispettivi, volti a “prevenire” e “accertare” le infrazioni, per poi rimettere i risultati di tali indagini all’autorità giudiziaria. Il ruolo degli Isp risulterebbe, invece, regolamentato dal d.lgs 70 del 2003 che tenderebbe ad esonerare i server da responsabilità per i materiali veicolati tranne il caso in cui “la diffusione di contenuti penalmente rilevanti sia riconducibile all’intermediario stesso”. Il caso della chiusura di The Pirate Bay e successivi, ha fatto comunque scuola. Eppure qualche segnale positivo in Italia sembrerebbe già dedursi dagli ultimi dati Ipsos (gennaio 2011), per esempio, con l’aumento costante della percezione del reato da parte del fruitore illecito, arrivata a toccare il 70% dei colpevoli, così come il fatto che l’83% dei pirati riterrebbe che la denuncia penale sia un deterrente efficace.
Manuela Avino

LASCIA UN COMMENTO

Inserisci il tuo commento
Inserisci il tuo nome