Contributi editoria. Note a commento di un’ordinanza potenzialmente capace di stravolgere il comparto

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giornalisti-precari-legge-equo-compensoCon recentissima ordinanza del 22 maggio 2013, la seconda sezione civile del Tribunale Ordinario di Roma, nello sciogliere la riserva assunta nell’ambito di un procedimento sommario di cognizione intentato da una società editrice nei confronti della Presidenza del Consiglio dei Ministri – Dipartimento per l’informazione e l’Editoria (P.C.M.), ha condannato quest’ultima al pagamento della somma di € 2.194.941,83 oltre interessi, a titolo di contributi, maturati per l’anno 2010 e previsti dalla L. n. 250/1990 contenente “Provvidenze per l’editoria e riapertura dei termini, a favore delle imprese radiofoniche, per la dichiarazione di rinuncia agli utili di cui all’art. 9, comma 2, della legge 25 febbraio 1987, n. 67, per l’accesso ai benefici di cui all’art. 11 della legge stessa”.

Di seguito, brevemente, i fatti che hanno originato la decisione.

Con ricorso ex art. 702 bis cod. proc. civ., la ricorrente chiedeva la condanna della P.C.M. al pagamento delle suesposte somme per non essere stata ammessa, per una testata giornalistica alla stessa appartenente, all’erogazione di contributi pubblici ex l. n. 250/1990.

Il provvedimento della P.C.M. di esclusione dai contributi risultava, a parere della ricorrente, ingiusto in quanto emesso nonostante la produzione, da parte della società, di un atto notorio a firma del legale rappresentante dell’impresa, con cui la stessa aveva dichiarato l’insussistenza di situazioni di collegamento o controllo con altre imprese ammesse al beneficio della contribuzione, ostative all’erogazione delle somme.

In particolare, la Presidenza del Consiglio dei Ministri aveva ritenuto non equipollenti l’autocertificazione della società sull’inesistenza, in capo all’impresa richiedente, delle predette situazioni di controllo e/o collegamento, con l’attestazione resa, al riguardo, dall’AGCOM.

Tale valutazione, secondo la società, avrebbe reso il provvedimento della Presidenza errato in quanto emesso in difetto di motivazione e sulla scorta di un ragionamento viziato.

Per comprendere la ratio sottesa a tali contestazioni, occorre ricostruire, brevemente, la disciplina dettata dal legislatore, con la l. n. 250/1990, in materia di concessione di contributi e provvidenze all’editoria.

Dette somme vengono erogate alle imprese che presentino regolare domanda dall’1 al 31 gennaio dell’anno successivo a quello di riferimento e che dimostrino il possesso dei requisiti tassativamente previsti dalla legge mediante invio di idonea documentazione entro il termine di decadenza del 30 settembre successivo alla data di presentazione della domanda.

Tra i requisiti il cui possesso è tassativamente previsto dalla legge vi è l’assenza, per ciascuna annualità di contributo richiesta, di situazioni di collegamento e/o controllo ex art. 2359 cod. civ. tra le imprese richiedenti in quanto il riconoscimento di contributi ad un’impresa del medesimo gruppo preclude, alle altre, il pari godimento del beneficio.

La quaestio iuris consiste, pertanto, nello stabilire se, nell’ambito di un accertamento da condurre nel procedimento in esito al quale vi è un riconoscimento o un diniego di contributi, la regolarità dell’assetto societario dell’impresa per l’assenza di situazioni che possano essere ascritte alle fattispecie del controllo e del collegamento, costituisca una condizione positiva o una condizione impeditiva al riconoscimento del diritto alla contribuzione.

Nel primo caso, sarebbe onere del privato richiedente fornire la prova dell’integrazione dello stesso; nel secondo, spetterebbe all’amministrazione fornire prova della sua esistenza.

Tale questione, invero, non era mai stata sottoposta al vaglio della magistratura.

Il Tribunale di Roma, espressosi per la prima volta in materia, ha affermato che il requisito di specie costituisca una condizione ostativa al riconoscimento e che, di conseguenza, all’impresa richiedente spetti solo dare avvio al procedimento fornendo una dichiarazione sostitutiva di atto notorio sulla inesistenza di situazioni di controllo e collegamento toccando, invece, all’amministrazione, avviare una compiuta istruttoria sulla sussistenza di tali condizioni ai fini della decisione.

A parere dei giudici capitolini quindi, l’amministrazione, in persona dell’AGCOM, aveva contravvenuto ai propri obblighi di legge dichiarandosi, in un primo momento, non in grado di attestare “l’assenza di situazioni di controllo e/o collegamento…omissis… attraverso le persone fisiche ad esso riconducibili, sulle due imprese editrici, in virtù di particolari vincoli contrattuali che rappresentano un’evidente condizione di esistenza e sopravvivenza delle stesse imprese editrici” e, successivamente trasmettendo, alla P.C.M., un esito solo parziale delle attività di verifica condotte.

Dati i risultati, la Presidenza non avrebbe dovuto escludere l’impresa dall’erogazione del contributo.

Detto provvedimento appariva, pertanto, errato non soddisfacendo, i termini sommari degli accertamenti dell’AGCOM ed il carattere meramente potenziale della situazione impediente, agli oneri di accertamento, richiesti per legge, ai fini dell’esclusione dall’erogazione dei contributi.

Non avendo, l’Amministrazione, assolto all’onere probatorio cui era tenuta, la P.C.M. avrebbe dovuto ammettere la società editrice ricorrente alla percezione delle somme.

Da qui la condanna della P.C.M. al pagamento, in favore della ricorrente, degli importi che

quest’ultima avrebbe percepito se fosse stata ammessa all’erogazione dei contributi nonché al pagamento delle spese di lite.

L’ordinanza in esame, provvisoriamente esecutiva, è, invero, appellabile entro trenta giorni dalla sua comunicazione o notificazione.

Laddove proposto, nel corso dell’appello sarebbero ammessi, se il collegio investito della decisione dovesse ritenerli rilevanti ovvero la parte dichiari di non averli potuti proporre nel corso del procedimento per causa ad essa non imputabile, nuovi mezzi di prova e nuovi documenti.

Di fatto, pertanto, la P.C.M. potrebbe produrre ulteriore documentazione atta a dimostrare l’assolvimento dell’onere probatorio sulla stessa incombente che, pertanto, legittimerebbe la decisione della stessa di escludere la ricorrente dall’ottenimento dei contributi.

Nelle more del decorso dei termini occorrenti per capire se il provvedimento sia stato oggetto di gravame ed, in caso affermativo, in attesa del suo esito, non resta che constatare che laddove l’ordinanza restasse confermata, le società richiedenti le provvidenze per l’editoria avrebbero un ottimo precedente su cui fondare le proprie istanze.

In assenza di prova contraria fornita dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri, difatti, per ottenere l’erogazione dei contributi di cui alla L. n. 250/1990, alle stesse basterebbe dare avvio al procedimento fornendo una dichiarazione sostitutiva di atto notorio sulla inesistenza di situazioni di controllo e collegamento con altre imprese ammesse al beneficio della contribuzione.

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