I contributi all’editoria diminuiscono progressivamente dal 2012. Ma il Movimento 5 Stelle, nella sua reiterata politica contro i finanziamenti alla carta stampata, non sembra tenerne conto. E questa invettiva sembra aver messo radici nel cuore del suo elettorato. E’ lo spunto lanciato da Luca Bottura, su “la Repubblica”, che dà l’occasione per analizzare quanto invece la situazione del settore editoriale sia incerta e caotica.
Giova ricordare che a beneficiare dei contributi sono: cooperative giornalistiche che editano quotidiani e periodici; imprese editrici di quotidiani e periodici il cui capitale è detenuto in misura maggioritaria da cooperative, fondazioni o enti senza fini di lucro, limitatamente ad un periodo transitorio di cinque anni dall’entrata in vigore della legge di delega; enti senza fini di lucro ovvero imprese editrici di quotidiani e periodici il cui capitale è interamente detenuto da tali enti; imprese editrici che editano quotidiani e periodici espressione di minoranze linguistiche; imprese editrici, enti ed associazioni che editano periodici per non vedenti e ipovedenti; associazioni dei consumatori che editano periodici in materia di tutela del consumatore, iscritte nell’elenco istituito dal Codice del consumo; imprese editrici di quotidiani e di periodici italiani editi e diffusi all’estero o editi in Italia e diffusi prevalentemente all’estero. Quindi sono esclusi i principali gruppi editoriali, nonché le imprese editrici di organi di informazione dei partiti e dei movimenti politici e sindacali. Questi dati di fatto chiariscono bene che ormai l’abolizione dei contributi all’editoria è uno slogan. E questo messaggio di astio per l’informazione deriva, non a caso, dalla disinformazione. Si fa un gran parlare di fake news, ma è proprio l’indebolimento dell’informazione professionale ad alimentare questo venefico fenomeno. Al netto della propaganda.
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