Il premier Giuseppe Conte concede una lunga intervista a Famiglia Cristiana. In linea con le sue mosse di comunicazione dall’insediamento in poi, il presidente del consiglio parla molto di identità cattolica e, come riportano le anticipazioni, annuncia che oggi va rinnovato l’impegno dei cristiani nella democrazia. Insomma, qualcosa di più della vecchia Dc.
Eppure Conte parla anche del rapporto che il suo governo intende stabilire con la stampa. Finora le avvisaglie, tra Cinque Stelle ed esecutivo, non parlano una lingua di pace. Ma per lui la libertà di stampa resta un caposaldo e spiega: “Un principio che mi sta particolarmente a cuore. È un bene prezioso che i giornalisti sono chiamati ad amministrare con la massima cura”. Poi spiega il suo, personale, rapporto con la stampa. Sullo sfondo, nemmeno troppo velata, si scorge una citazione fattuale altissima che quasi richiama la figura di Giulio Andreotti, che mai – nonostante furiosi attacchi e polemiche di ogni genere – querelò un giornalista.
“Per parte mia, sin dall’inizio del mio mandato ho fatto la scelta di non agire in giudizio anche al cospetto di articoli palesemente diffamatori. Anche il governo è sotto quotidiano attacco e non sempre gli articoli si inquadrano nel segno della critica legittima. Ma la libertà di espressione deve potersi esprimere senza censure. Spetta solo ai lettori sindacare l’esercizio di questa libertà”.
Anche Conte sostiene l’idea di editori puri, capaci di stare sul mercato: “Questo ci rimette al problema del finanziamento all’editoria. I giornali e i media, ove riconducibili ad aziende private, dovrebbero affidarsi esclusivamente al giudizio dei lettori e dovrebbero stare sul mercato – chiosa il premier gialloverde – in modo da poter realizzare la condizione ottimale di essere puri e liberi”.
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