Con grande tristezza il fondatore ed ex direttore della Missionary International Service News Agency, padre Giulio Albanese, commenta su Facebook il fallimento dei negoziati che avrebbero potuto far proseguire le attività dell’agenzia. “In questi giorni mi ero convinto che la Misna (www.misna.org) si potesse salvare. I segnali che avevo colto, a vari livelli, erano di segno positivo”.
Il sacerdote giornalista spiega che nell’ambito della trattativa con la società editoriale titolare della testata missionaria, “nonostante la disponibilità della Conferenza Episcopale Italiana (Cei), il ‘miracolo’ non è avvenuto”. Proprio la Cei aveva trovato una soluzione che sembrava più che soddisfacente per rilanciare il progetto editoriale, ma “la proprietà (4 istituti missionari: comboniani, pime, consolata, saveriani) ha ribadito la propria volontà di chiudere”.
“Cosa dire? Si tratta dell’ennesima sfida persa dall’editoria cattolica”, afferma con amarezza padre Albanese. “Quando lasciai la direzione della Misna, nel lontano settembre del 2004, dopo averla fondata nel 1997, questa testata missionaria era il fiore all’occhiello dell’editoria ‘ad gentes’”. In quell’occasione l’ex direttore dell’agenzia decise di farsi da parte “perché avevo compreso che i risultati conseguiti sotto la mia direzione non avevano indotto la proprietà a consolidare e valorizzare tanti sforzi individuali e collettivi nell’ambito dell’attività redazionale”.
Molte delle richieste che erano state avanzate in tal senso non furono accolte e perciò padre Albanese ritenne giusto allontanarsi da “un’agenzia giornalistica che ho sempre amato e difeso ad oltranza. La speranza che avevo coltivato nel cuore in questi anni – per così dire di ‘distacco’ da via Levico – era che la redazione, comunque, riuscisse a far breccia, con rinnovati mezzi e risorse, con l’intento di dare ‘voce a chi non ha voce’”.
Il fondatore dell’agenzia conclude il suo post confessando di essere “molto triste anche se continuo ad essere convinto che l’informazione è la ‘prima forma di solidarietà’. Dunque, proprio per questa ragione, i missionari/e, per vocazione, non potranno rimanere ‘silenti’”.
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