Pubblichiamo sul nostro sito una sentenza della Cassazione Civile risalente al 22 luglio 2014. Oggetto del provvedimento è la relazione tra la pubblicazione di immagini private e il reato di diffamazione. Parte ricorrente è la Rcs, condannata in appello per la pubblicazione di un servizio fotografico all’interno di un parco privato. Nella vicenda è intervenuto anche il Garante per la Privacy, che ha inibito l’ulteriore diffusione di immagini del servizio. Nel primo motivo di ricorso Rcs fa riferimento all’inesistenza della consapevolezza del direttore e dell’editore. Non è in alcun modo spiegato perchè Rcs, ignara delle modalità di acquisizione dei dati, non avrebbe dovuto dar credito al fotografo in ordine alla liceità dell’acquisizione delle immagini fotografiche. Peraltro, con l’esclusione della legittimazione del direttore responsabile è venuto meno il legame tra il fotografo e la casa editrice. Non viene in conclusione giustificato nè da quali circostanze il direttore avrebbe dovuto desumere l’illiceità della condotta del fotografo nè come l’editore possa essere ritenuto responsabile di una condotta illecita posta in essere in violazione dell’art. 3 del Codice deontologico dal fotografo. L’editore risponde del comportamento del direttore responsabile, in quanto suo dipendente, ma non direttamente di quello tenuto da un terzo estraneo quale il fotografo. Rcs nega, poi, l’utilizzo di tecniche invasive per le riprese fotografiche. I luoghi di privata dimora non vengono tutelati tout court, ma soltanto se la loro conformazione e il contesto consentano a chi li occupa di fare affidamento sull’assoluta discrezione. Come è stato affermato dalla Corte Costituzionale (sent. 149 del 2008), il limite dell’art. 14 Cost. può venire in considerazione se chi opera deve superare una barriera che si frappone tra la generalità dei consociati e la ripresa filmata. Se essa è visibile da chiunque si è fuori dell’area di tutela. In base al terzo motivo di doglianza non risulta violato il limite del corretto esercizio del diritto di cronaca dal momento che il soggetto che si assume leso ha un rilievo pubblico e l’aspetto che emerge dal servizio fotografico è conseguentemente d’interesse pubblico. La Cassazione ritiene inammissibile il ricorso per motivi di rito. Tutte le questioni proposte trascendono il giudizio di legittimità proprio della Suprema Corte, sostanziandosi in richieste attinenti al merito per le quali è ritenuta sufficiente la valutazione effettuata nel precedente grado di giudizio. Questa è la massima della Cassazione: La realizzazione di foto all’interno di luoghi di privata dimora con mezzi tecnici invasivi, tali da superare gli ostacoli alla visibilità, integra una condotta illecita cui consegue l’obbligo del responsabile di risarcire il danno non patrimoniale connesso al pregiudizio all’inviolabilità del domicilio tutelato dall’art. 14 Cost.. Tuttavia, allorché le foto ritraggano un personaggio pubblico in momenti meramente colloquiali e di svago, va negato il risarcimento del danno derivante dall’alterazione dell’immagine e della reputazione pubblica della persona, nonché del vulnus alle relazioni familiari
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