Canone, Laganà attacca: “A chi conviene una Rai asservita?”

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Per il consigliere di amministrazione Riccardo Laganà, senza canone la Rai sarà utile solo a chi vorrà approfittare di “una tv asservita”. La proposta di Matteo Salvini, già sentita più e più volte e rilanciata dal leader leghista alla ricerca spasmodica di un consenso sempre più etereo, continua a far discutere. Il dibattito, però, non riesce a collocarsi sui titoloni dei giornali né in cima alle priorità della politica, presa com’è dalla necessità di convincere i sempre più indecisi italiani a rinunciare a una mattinata al mare per andarsene al voto.

Laganà ha rilasciato all’Adn Kronos diverse dichiarazioni sulla questione. In cui il consigliere di amministrazione mette ordine e fa il punto della situazione. “L’abolizione del canone Rai portebbe zero vantaggi alla comunità ma tanti vantaggi per il governo che verrà e per i partiti che puntano ad una tv asservita. Chi spara le solite ultime cartucce per cercare di racimolare qualche voto in più. Spara però a polveri bagnate, chiedendo l’abolizione del canone radiotelevisivo, copiando in malo modo la rottamatrice tattica già adottata nel 2016 quando il canone venne abbassato da 113 euro a 90. Un risparmio per ogni famiglia di 24 centesimi al giorno, come giustamente ricorda Usigrai, con cui a malapena ci si potrà comprare una fetta di pane”.

Laganà sul canone Rai ha dunque detto: “Vantaggi per la comunità: zero, ma in compenso tanti vantaggi per il governo che verrà, che in ipotesi potrà -anche con questa scusa- far fuori subito gli attuali vertici Rai, in silente attesa, nominati dal precedente governo e quindi probabilmente non graditi al futuro, e che potrà tenere con un guinzaglio cortissimo i futuri manager come accade abitualmente con la diabolica e dannosa legge 220/15 di riforma Rai. Problemi creati invece tantissimi, a partire dal come trovare le risorse che verranno a mancare una volta abolito il canone. Di certo non esclusivamente dalla pubblicità perché romperebbe il patto con i cittadini a beneficio dei sempre più pervasivi interessi commerciali”.

Dunque Laganà ha chiosato: “Un servizio pubblico finanziato prevalentemente o esclusivamente dalla pubblicità è privatizzazione di fatto. Il mercato pubblicitario poi  è affollato, bacino di interesse ora anche per le Ott, per Rai ci sono tetti penalizzanti (recepiti dalla recente direttiva Smav) che ne riducono ulteriormente i ricavi già nel 2022 e poi a regime nel 2023. Da dove altro quindi? Dal bilancio dello Stato, che rimarrebbe l’unica alternativa praticabile. Questo è quanto ci si dimentica di precisare nelle ultime sparate di fine campagna elettorale”,

Infine la conclusione: “Una Rai debole e ricattabile è il sogno quotidiano di ogni partito che antepone gli interessi propri a quelli del Paese, esattamente come accade in Turchia o in Polonia o in Romania o a Cipro, dove i servizi pubblici sono costretti ad elemosinare ogni anno dal governo i fondi per chiudere i bilanci. E dove, di converso, i vertici sono totalmente appiattiti verso l’esecutivo. È forse questa l’aspirazione segreta del leader della Lega?”

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