ACTA: UN PASSO AVANTI PER LA PROTEZIONE GLOBALE DEL COPYRIGHT

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La Commissione europea ha deciso di chiedere alla Corte di giustizia europea di verificare se l’accordo commerciale anticontraffazione (Acta) sia per qualche verso incompatibile con i principi fondamentali dell’Ue e con la protezione dei diritti umani. Questa settimana sto illustrando questa decisione innanzi al Parlamento europeo e propugnando i vantaggi dell’Acta. Questa iniziativa va intesa quale sforzo per riportare sul terreno dei fatti concreti il dibattito riguardante l’Acta, che rischiava di finire fuori controllo sia nella rete che a livello politico. I motivi per cui questo dibattito è così infuocato sono validi.
Condivido in pieno le preoccupazioni riguardo alla libertà di Internet e sono favorevole ad ogni voce che si leva a contrastare qualsiasi potenziale minaccia a tale libertà. Ma nei fatti l’Acta ha ben poco a che vedere con molte di queste supposte minacce.
A dispetto di quanto abbiate potuto sentire o leggere, l’Acta non spalancherà le porte alla censura della rete. Non porterà al controllo delle nostre mail o dei nostri blog. Non subappalterà le funzioni della polizia postale a operatori Internet privati. Non limiterà la vendita di medicinali generici legali. Non darà luogo a ispezioni di computer portatili o lettori mp3 da parte di funzio-nari doganali.
Il contenuto effettivo dell’accordo – il ruolo della proprietà intellettuale nella nostra società e nelle nostre economie – merita di essere oggetto di un dibattito. L’Acta non è nulla più e nulla meno che un accordo volto a stabilire standard internazionali per le 13 parti contraenti al fine di far valere i diritti di proprietà intellettuale secondo modalità che sono già sancite nella normativa europea.
Nel corso degli anni abbiamo costruito un sistema articolato di protezione della proprietà intellettuale in Europa, proprietà che – per dirlo con una frase abusata – è l’unica materia prima di cui disponiamo. Abbiamo stabilito quali diritti possono essere protetti e i modi per assicurare tale protezione. Abbiamo garantito la salvaguardia del diritto dei cittadini alla libertà di parola e al libero accesso alle informazioni per la protezione dei dati. E abbiamo regolamentato i diritti dei fornitori di servizi e degli intermediari che trattano beni protetti. L’Acta è uno strumento per estendere i vantaggi di tale sistema al di là delle nostre frontiere.
Questo accordo rappresenta un passo piccolo ma significativo nella lotta contro l’industria globale della contraffazione e della pirateria -un’industria il cui giro d’affari è stimato a più di 250 miliardi di dollari Usa all’anno. Si tratta comunque di un cosiddetto “trattato di esecuzione”. Esso non entra cioè nei dettagli riguardo a quali diritti possano essere sanciti, o di cosa sia legale o illegale, ma contempla invece le procedure miranti ad assicurare che tali diritti siano tutelati. Esso copre gli aspetti civili, penali e frontalieri dell’applicazione della legge, alcuni principi di base per far rispettare la legge su Internet nonché aspetti legati alla cooperazione internazionale.
Uno dei principali successi ottenuti dall’Unione europea in questo negoziato è stato ottenere che l’Acta venisse modellato strettamente sul sistema europeo, tant’è vero che diversi Stati membri Ue hanno già dichiarato che l’entrata in vigore dell’Acta non li obbligherebbe a modificare la propria legislazione vigente. Esattamente quello che i cittadini si aspettano da una strategia europea, in qualsiasi campo: elevare gli standard, farli rispettare e accettare su scala internazionale. Ed è proprio quel che pensano dell’accordo le imprese europee. Sin dall’inizio esse hanno infatti sottolineato che le procedure previste dall’Acta per combattere le violazioni dei diritti di proprietà intellettuale verrebbero applicate in Paesi terzi cui fa capo il 50% del commercio mondiale. Tali procedure avrebbero quindi ripercussioni positive sulla crescita, i profitti e i posti di lavoro garantiti dalle imprese europee.
Tutto ciò dovrebbe essere perfettamente chiaro per chiunque dedichi un po’ di tempo alla lettura del testo dell’accordo. Permettetemi però di aggiungere una nota personale: sono un giurista di formazione, un liberal-democratico per convinzione e difendo da una vita i diritti umani e le libertà individuali. Quando ero un deputato ancora abbastanza giovane sono stato tra coloro che hanno contribuito alla relazione Spinelli, che conteneva il primo provvisorio catalogo dei diritti umani che, nel 1989, costituì la base della Dichiarazione dei diritti e delle libertà fondamentali del Parlamento europeo. Si trattava dell’antecedente della carta dei diritti fondamentali dell’Ue che ha acquisito carattere vincolante con il trattato di Lisbona. Negoziare un accordo che pregiudicasse fondamentalmente taluni di questi diritti sarebbe, per me, del tutto contro natura. In ogni caso, sarebbe stato impossibile farlo poiché ho sempre affrontato il processo negoziale nel modo più aperto e inclusivo possibile.
Gli Stati membri hanno partecipato ai negoziati dell’Acta e sono stati tenuti informati durante tutto l’arco del processo. Abbiamo lavorato di concerto con il Parlamento europeo e, di conseguenza, è stata la Commissione europea a sollecitare i partner dell’Acta a rendere pubbliche le bozze dei testi dei negoziati dell’aprile 2010, invito cui essi hanno aderito.
Il testo completo e definitivo è disponibile ormai da oltre un anno. Spetta adesso agli Stati membri e al Parlamento europeo decidere nel merito. Ritengo che il futuro parere della Corte di giustizia europea servirà a guidarli affinché prendano la giusta decisione. Per non ostacolare il processo democratico dobbiamo innanzitutto separare i fatti dai timori e dalle fantasie; cerchiamo di non perdere questa opportunità di fare un passo avanti sulla via della protezione globale dei diritti di proprietà intellettuale.

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