YAHOO! ITALIA NON SI ARRENDE ED IMPUGNA LA SENTENZA DEL TRIBUNALE DI ROMA

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Il 23 Marzo scorso la Nona sezione del Tribunale di Roma ha condannato la nota piattaforma Internet per non aver rimosso dal proprio motore di ricerca gli innumerevoli link a siti pirati, in particolare, quelli che rimandavano ad estratti o alla versione integrale del film iraniano “About Elly”. L’ordinanza riconosce una responsabilità diretta in capo alla società statunitense con sede in Italia, imponendo a Yahoo! l’eliminazione di quei link che indirizzino verso risorse di condivisione online oltre che allo streaming ed al download integrale del film in questione. Si tratterebbe dunque di rimuovere indiscriminatamente siti web con materiali pirata o i link a reti P2P (peer to peer) per lo scambio di file Torrent, segnalati come abusivi dagli stessi detentori del copyright, vittime della violazione del diritto d’autore.

Yahoo! Italia però non ci sta e decide di impugnare la sentenza. Uno degli argomenti avanzati a propria discolpa è la mancata indicazione dei siti (url o nomi) considerati illegali di cui la piattaforma avrebbe dovuto ricevere comunicazione nella e-mail di diffida inviata (onde evitare il processo) dalla PFA. Yahoo! ammette inoltre che questa sorta di “iper-responsabilità da link” non terrebbe conto, non solo delle effettive modalità di gestione di un motore di ricerca che non ha controllo diretto sui link perché generati automaticamente da un algoritmo, ma l’ordinanza forzerebbe lo stesso ordinamento vigente in Italia (nonché in Europa con la direttiva comunitaria sull’e-commerce) sugli illeciti compiuti in rete. Di tali reati, infatti, non dovrebbero rispondere direttamente i motori di ricerca ma solo i siti che ospitano illegalmente quei contenuti coperti da copyright.

I motori di ricerca non sono umani ma producono risultati sulla base di uno schema predefinito. Ed una sentenza che impone ad un catalogatore di finestre che si aprono a contenuti illegali, di avere giurisdizione su milioni di risultati prodotti ed aggiornati in tempo reale, per di più in maniera del tutto automatica, significa in parte provocarne il collasso.

È sempre più evidente la necessità di una legge chiara e precisa in materia di contrasto alla pirateria online. Non si può andare avanti a colpi di sentenze giudiziarie che perdono di vista l’intero quadro del funzionamento delle comunicazioni elettroniche. C’è bisogno di una legge che stabilisca se un sito possa essere colpito per la presenza di alcuni link che rimandano a contenuti non leciti o per avere come ragione di esistere la finalità esclusiva di divulgare in rete illegalmente film e musica o altre opere protette da copyright. Un discorso che vale anche per i Torrent o per un circuito come Emule o, ancora, per la maggioranza dei programmi peer to peer più diffusi che mettono automaticamente in condivisione un file al momento stesso del download, il che concretizza immediatamente la fattispecie penale individuata dall’art. 171 bis della legge sul diritto d’autore. Andrebbero individuati e colpiti prima di tutto quei gruppi che creano un vero e proprio business attraverso simili strumenti.

Manuela Avino

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