Vetere (Uspi): “Quanti dubbi sull’accordo con Fnsi, ma nessuna rottura con Fisc e Anso”

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Non c’è nessuna polemica, tutt’altro, tra Uspi e le sigle, datoriali e sindacali, che hanno inteso sottoscrivere, giovedì scorso, un nuovo accordo collettivo nazionale di lavoro. Lo ha spiegato, a Editoria.tv, il presidente dell’Unione della Stampa periodica Italiana, Francesco Saverio Vetere che, anzi, ha voluto ribadire come non ci sia – da parte sua e dell’associazione che presiede – nessun’altra volontà se non quella di continuare a lavorare per garantire tutela alle aziende editoriali.

Nessuna rottura, dunque?

Assolutamente! Con la Federazione italiana dei settimanali cattolici, per esempio, siamo legati, profondamente e saldamente, da sentimenti di amicizia e collaborazione radicati negli anni che, posso dire con sicurezza, non verranno mai meno. Siamo, da sempre, lungimiranti: il nostro lavoro è quello di proteggere le aziende e, semmai, noi possiamo dare una visione “consulenziale”, se vogliamo, del nuovo accordo che è stato scritto. E fornire, dunque, un nostro parere.

 

Quale è, quindi, il vostro parere? Che ne pensate dell’accordo siglato tra Anso, Fisc e Fnsi?

In prima battuta, la raccomandazione che abbiamo già “girato” ai nostri editori è quella di leggere, bene e fino in fondo, i punti salienti dell’accordo. Si tratta di un’intesa a tempo: durerà otto mesi, fino al 30 giugno prossimo quando – secondo quanto si legge – si dovrà arrivare alla stesura di un contratto. Poi occorre notare che l’ambito di azione dell’accordo è ristretto alle sole platee degli associati alle sigle firmatarie e lascia “scoperto” gran parte del mondo dell’editoria che, perciò, si vede di fronte a un bivio. O scegliere il contratto Fieg-Fnsi oppure preferire quello siglato tra noi e la Cisal.

 

Rimarrà, dunque, confinato a specifici settori?

Sì, e la conseguenza sarà quella di far trovare gli editori di fronte alla scelta obbligata di cui prima. Non so fino a che punto questa alternativa sia stata effettivamente prevista e voluta dai firmatari, non ci entro. Ma ci sono altri punti che fanno sorgere diversi dubbi…

 

Quali?

Per esempio quelli legati agli aspetti “temporali” della vicenda. La durata limitata a otto mesi con l’impegno, successivo, alla stesura di un contratto. Produrrà uno squilibrio, a favore della parte sindacale, che peserà nel prosieguo delle trattative. Il sindacato potrà fare pressioni sulla parte datoriale affinché accetti nuove condizioni pur di sancire la firma del contratto stesso. Altrimenti è a rischio il futuro stesso dell’intesa firmata giovedì scorso, salterebbe tutto e si tornerebbe immediatamente alla situazione precedente. E, inoltre, c’è da considerare che sono previsti ben due aumenti: uno alla firma dell’accordo, l’altro a quella del contratto. Ben due aumenti salariali in soli otto mesi: credo sia un unicum nella storia dell’editoria…

 

L’intesa non risolverà, allora, i problemi a cui voleva porre rimedio?

Dico solo che, in qualità di presidente Uspi, chiederemo ai nostri editori e associati di valutare bene l’adesione a questo accordo e a queste condizioni. A noi interessa solo la difesa e la tutela del futuro delle aziende, ripeto: nessun altro discorso ci distoglie dal nostro compito “naturale”. Noi abbiamo il dovere di spiegare e riferire a chi ci chiede un parere quali potrebbero essere conseguenze e scenari prossimi futuri. Il grande rischio è quello dei “vuoti” che potrebbero crearsi e ogni editore sa benissimo quanto sia necessario fare di tutto per evitare di far trovare le aziende in una situazione tale, con tutti i costi che ne deriverebbero. Perciò, con l’accordo sottoscritto insieme a Cisal, abbiamo pensato fosse giusto scongiurare – prima di tutto – ogni ipotesi di “buco” e perciò abbiamo previsto che anche in caso di disdetta l’accordo manterrà il suo valore legale. Da parte nostra. è bene sottolinearlo, non c’è alcuna preclusione: sentiamo e dunque rivendichiamo il dovere di richiamare gli editori a leggere, bene, i punti dell’accordo in questione senza lasciarsi affascinare più del dovuto dal clima di celebrazione che si è creato attorno alla firma dell’intesa.

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