VENDITA TIMEDIA, TUTTO RIMANDATO. BEN AMMAR: «ALTRE PRIORITÀ». SPUNTA DELLA VALLE. INTANTO IL DEBITO SALE A 240 MILIONI

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La decisione sulla vendita di Timedia è stata rimandata a data da destinarsi. Non sono bastate 7 ore di discussioni. Lo ha annunciato Tarak Ben Ammar, consigliere di Telecom Italia: «L’argomento non è stato neanche trattato. Non abbiamo avuto tempo. Se ne parlerà nel prossimo cda di Telecom». È scontro tra Franco Bernabé, presidente Telecom e gli altri soci. Gad Lerner avverte: «C’è una lotta di potere. La7 è solo una briciola per Telecom». Urbano Cairo conferma il suo interesse per le tv del gruppo Timedia e smentisce legami con il suo ex datore di lavoro, Silvio Berlusconi. E tra i pretendenti spunta Diego Della Valle. Intanto i conti crollano. E il debito sale a 260 milioni.
Ma procediamo con ordine. Riguardo alla vendita di Timedia c’era da aspettarsi un rinvio. In effetti le trattative sono ancora troppo “fluide”. Bisogna dire che lo sono state sin dall’inizio. Quando, il 9 maggio del 2012, il cda di Telecom, diede il via libera alla cessione degli asset di Timedia, che consistono nel possesso totale di La7, del 51% di Mtv e di 3 multiplex nazionali, c’erano in lizza oltre 15 acquirenti. Si parlava di Sky, di Discovery Channel, di 3Italia, di Tarak Ben Ammar (che è anche un consigliere di Telecom), Diego Della Valle e altri. Poi gli interessi si sono “scremati”. Solo due pretendenti hanno fatto offerte vincolanti. E sono Urbano Cairo, la cui omonima società è la concessionaria della pubblicità del gruppo Timedia, e il fondo Clessidra, un società di affari di private equity gestita da Claudio Sposito (ex manager di Fininvest e di Morgan Stanley) e Marco Bassetti (ex dirigente di Endemol e Mediaset).
Poi negli ultimi giorni si è parlato di un interessamento di Europa 7, l’emittente di Francesco Di Stefano protagonista di una decennale battaglia legale per la concessione nazionale delle frequenze di trasmissione, terminata con un indennizzo, da parte dello Stato italiano, di oltre 10 milioni per violazione del pluralismo dell’informazione. E nelle ore precedenti al cda di ieri è tornato a farsi sentire anche Della Valle. Il quale avrebbe formato una cordata con una decina di imprenditori in grado di fornire a La7 una solidità patrimoniale.
Ma è bene precisare che sia per Di Stefano che Della Valle si tratta di indiscrezioni. In quanto i due non hanno ancora fatto offerte concrete. O almeno non sono state rese pubbliche.
Sono note, invece, le proposte di Cairo e Clessidra. Il primo è interessato solo alle due reti (La7 e Mtv). E per queste pagherebbe 100 milioni di euro. Ma al netto dei debiti accumulati nel 2012 dalla settima rete, quantificabili in circa 120 milioni (somma simile all’introito medio raggiunto dalla Cairo Communication per la gestione degli spot delle reti). Inoltre Telecom dovrebbe anche garantire una “dote” di decine di milioni di euro (si parla anche di un finanziamento completo) come garanzia per i prossimi anni. Infine Telecom dovrebbe applicare uno sconto del 50% al prezzo per i diritti d’uso delle frequenze tv (che Cairo non vuole acquistare). Inoltre l’interesse di Cairo e le condizioni dell’acquisto sono state ribadite da lui stesso in una intervista al Fatto quotidiano in cui l’imprenditore, ex assistente di Silvio Berlusconi e manager di Mondadori, smentisce “legami” con il Cavaliere. «Mi piacerebbe acquistare La7. Già conosco la rete. Gli vendo spot. Quindi so come fare per garantire solidità all’emittente. E poi non interferirò sulla linea editoriale. Con Berlusconi ho chiuso ne 1995», ha precisato Cairo.
Il fondo Clessidra, invece, sborserebbe circa 330 milioni per l’intero gruppo: ovvero reti e frequenze. Ma , anche qui, ci sarebbe una pre-condizione: la capogruppo di Timedia dovrebbe accollarsi anche una buona fetta di dipendenti (circa 150 su un totale di 445). Bisogna precisare che Clessidra fino a quale settimana fa era “accompagnato” dal fondo Equinox, guidato da Salvatore Mancuso. Ma quest’ultimo ha abbandonato la trattativa.
Ma sia l’offerta di Cairo che quella del fondo non soddisfano Franco Bernabé, presidente esecutivo di Telecom Italia. Anche se parte del soci di Telecom (i rappresentanti di Mediobanca, di Intesa e Generali) premono la vendita degli asset della controllata Timedia. Quindi, anche all’interno del cda ci sarebbe una sorta di spaccatura. È questa l’opinione di Gad Lerner, conduttore di spicco di La7: «Nel Consiglio c’è una lotta di potere tra Bernabé e gli azionisti. La7, anche se in debito, è una briciola rispetto agli interessi di Telecom. La quale non risolverà i suoi problemi [28 miliardi di debito, ndr] vendendo la settima rete. E poi Severino Salvemini e Marco Ghigliani [rispettivamente presidente e ad di Timedia,ndr] hanno varato un nuovo piano industriale i cui effetti si vedranno nel prossimi autunno».
E quando si parla di effetti ci si riferisce soprattutto alle salute finanziaria del gruppo che non è certo buona. Infatti il debito alla fine del 2012 è aumentato di 140 milioni rispetto al 2011, salendo a 260 milioni. E per il 2013 si prospetta, qualora Timedia dovesse rimanere in grembo a Telecom, un aumento di capitale della controllante. Il che potrebbe anche influire sulla distribuzione dei dividendi dei soci Telecom.
Ma quale è la causa della perdite di Timedia? Le genesi è praticamente questa: i ricavi della pubblicità non riescono a pareggiare i costi, sempre crescenti, del palinsesto (che quest’anno è costato 8 milioni di euro solo per Servizio Pubblico di Michele Santoro). Infatti la percentuale di spot, nel 2012, è, complice la crisi generale dei media tradizionali, calata del 3,5%. Anche l’audience medio è leggermente calato: dal 3,85% del 2011 al 3,47% del 2012. Anche se il 2013 è partito con una media del 4%, grazie al boom di ascolti ottenuti da Santoro quando ha intervistato Berlusconi.
E per quanto riguarda le singole tv: La7 ha perso 16,1 milioni; e Mtv 18,6 milioni.
L’unica parte “sana” di Timedia è il suo operatore di rete, Timb, che ha guadagnato, nel 2012, 75,1 milioni (+23,2% rispetto al 2011).
E quindi, alla fine, non resta che una domanda: chi comprerà Timedia?

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