USA/ LE FONDAZIONI NO PROFIT GARANTISCONO OSSIGENO AL GIORNALISMO ONLINE

0
519

La Knight Foundation, J-Lab, Pro-Pubblica, sono solo alcuni dei nomi segnalati da un recente studio voluto dal direttore dell’Institute of Journalism, Holger Wolmer, e volto ad indagare il ruolo delle fondazioni nel complesso sistema dell’Informazione statunitense. Alla luce del dibattito sviluppato intorno alla relazione tra il business editoriale e la digitalizzazione dei media di comunicazione tradizionali, quali i giornali, il primato dell’innovazione e del successo nella sperimentazione, secondo la ricerca, lo deterrebbero proprio quei player estranei al sistema di mercato tipico degli Usa. Il microcosmo della Fondazioni no-profit avrebbe cioè trovato quelle risorse economiche e l’inventiva necessarie a sostenere, con competenza, il sistema dell’Informazione di fronte all’incalzante transizione verso il contesto digitale. A quei detrattori convinti che un risultato simile sia stato conseguito sottraendo entrate al bilancio pubblico e contravvenendo così alla filosofia del profitto tanto cara agli Usa, lo studio di Wormer realizzato in collaborazione con l’Università del Wisconsin-Madison, mostra una realtà ben diversa. Il no-profit negli ultimi dieci anni avrebbe infatti contribuito allo sviluppo del settore con più di 1miliardo di dollari. In primo piano figura la Knight Foundation, attiva dal 1950 e dal 2005 concentrata sull’innovazione tecnologica nei media (con iniziative come News Challange, con un piano di investimento pari a 25milioni) in stretta collaborazione con Università ed imprese e scommettendo su nuovi modelli di business. Stesso dicasi per J-Lab (Institute for Interactive Journalism) che, fondato nel 2002, ha provveduto dal 2009 al finanziamento di 46 start up dedicate all’informazione sulle comunità locali. Mentre ProPubblica, prima organizzazione online a vincere il Premio Pulitzer nel 2010 (per un’inchiesta su come gli ospedali avevano gestito le conseguenze dell’uragano Katrina) finanzierebbe ogni anno 10milioni di dollari al giornalismo investigativo realizzato da una redazione di 32 giornalisti guidati dall’ex direttore del Wall Street Journal Paul Steiger. Si tratta di un modello di finanziamento, di organizzazione nonché di espressione, sostiene Wormer, che andrebbe importato anche in Europa.

(Nòva – Il Sole24Ore)

LASCIA UN COMMENTO

Inserisci il tuo commento
Inserisci il tuo nome