Ci risiamo, Twitter ha bloccato l’account del giornalista Mariano Giustino e ha chiesto la rimozione di alcuni dei suoi tweet. Facendo, letteralmente, infuriare il comitato di redazione di Radio Radicale che ha posto (di nuovo) sul tavolo una questione centrale che, però, sembra essere ancora non affrontata del tutto. Possibile che debba essere un algoritmo, una società privata (per quanto grande) a decidere chi o cosa possa dire?
Il tema è importante e non può essere (ancora) eluso. In una nota, il comitato di redazione dell’emittente ha spiegato così l’accaduto. “L’account Twitter del nostro collega e corrispondente dalla Turchia Mariano Giustino è stato bloccato. La piattaforma ha chiesto al nostro collega la rimozione di alcuni post sulla crisi ucraina. Ancora una volta i social sono luogo in cui l’esercizio della professione giornalistica è messa a rischio e il comportamento opaco di account e forse troll che probabilmente segnalano le opinioni che non piacciono viene condiviso superficialmente dai gestori delle piattaforme”.
Ma non è tutto. “È proprio in momenti come questi che invece occorre tutelare anche sui social la libertà e la qualità dell’informazione, qualità che contraddistingue l’attività di tanti colleghi coraggiosi e preparati, quali il nostro Mariano Giustino, spesso esposti a gravi rischi”. La vicinanza dei colleghi. “A lui tutta la solidarietà e la vicinanza del Comitato di Redazione di Radio Radicale, che chiede l’immediata riapertura del suo account per garantire la continuità dell’insostituibile lavoro”.
La questione è vitale per il futuro dell’informazione e dell’editoria. Può essere un algoritmo, debitamente “istruito” da una multinazionale, decidere chi e cosa può dire senza colpo ferire? Un diritto costituzionalmente garantito, e tra i più importanti – come la libertà di pensiero e di opinione – può essere limitato perché uno stuolo organizzato di persone riesce a ottenere da un programma il bavaglio al suo avversario? Ed è possibile che uno spazio pubblico, quale è quello rivendicato dai social, sia soggetto a discutibili norme regolamentari proprie di una società privata?
Oggi ci è capitato Mariano Giustino, (che già era finito in un caso simile un anno fa) domani chissà. Non si può fare il tifo per i “bavagli” perché ogni voce che viene zittita è uno schiaffo al pluralismo. Twitter, del resto, non è certo nuova a certe cose. Qualche mese fa era arrivata a “silenziare” addirittura il profilo istituzionale di un giornale importante e seguitissimo come Libero. Il caso rientrò ma non vuol dire che non sia mai accaduto. E adesso non è più accettabile che i social, oltre a fare incetta di pubblicità e di risorse, decidano chi e quando debba parlare, vagliando bene cosa dice. Ne va della libertà di tutti.
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