TEMPI DURI PER IL PROVIDER ARUBA: L’ADOC PAVENTA UNA “CLASS ACTION”

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A più di 48ore dal black out dell’impianto elettrico di venerdì scorso, che ha causato la temporanea inaccessibilità alle caselle di posta e ai siti online facenti capo alla nota piattaforma web, l’hosting provider Aruba si barrica nel silenzio mentre gli utenti lamentano l’assenza di comunicazioni da parte dell’azienda.
Sono trascorsi poco più di due mesi dall’ultimo incidente avvenuto il 29 aprile ma in quell’occasione fu un incendio divampato nella web farm aretina (la sala dati ospitante l’hardware del server) a creare l’interruzione del servizio mentre i clienti avevano potuto contare sull’aggiornamento continuo sui lavori di ripristino mediante l’account Twitter creato appositamente da Aruba. Ma stavolta più che l’incidente tecnico in sé, è stato il silenzio dei gestori del provider a urtare la sensibilità delle migliaia di utenti che si sono perciò rivolti all’associazione dei consumatori, Adoc, al fine di ottenere un risarcimento. «Stiamo ricevendo migliaia di chiamate e segnalazioni da parte di utenti danneggiati dal blackout dei server della società Aruba. L’Adoc ha attivato prontamente il suo pool di legali per valutare la situazione e la possibilità di un risarcimento del danno subito, non escludendo un’eventuale class action a tutela degli interessi degli utenti», ha dichiarato in un comunicato Carlo Pileri, Presidente dell’Associazione per la difesa e l’orientamento dei consumatori, e che ha così proseguito «I server Aruba gestiscono una grande parte del traffico web italiano. Molti siti di e-commerce e servizi al pubblico sono inattivi o bloccati, causando danni per milioni di euro. Consigliamo pertanto agli utenti interessati di inviare la documentazione, con annessa quantificazione, del danno subito alla società Aruba e all’Adoc per conoscenza».
In realtà un comunicato era stato diramato dall’azienda nei giorni precedenti, e avvisava che nella notte tra il 6 ed il 7 luglio il sistema avrebbe subito alcuni aggiornamenti e che l’intervento avrebbe potuto causare dei rallentamenti nell’uso del servizio di hosting. Eppure la società aveva terminato senza difficoltà l’operazione preventivata, lasciando quindi perplessi gli utenti che l’8 luglio si sono visti così privare (senza spiegazioni ulteriori) dell’accesso ai propri portali internet o web mail. E’ stata proprio l’assenza di informazioni a far scatenare i clienti con la creazione di hashtag appositi su Twitter come #Aruba e #Arubait. Una reazione che confermerebbe, in generale, la necessità di garanzie più efficienti sulla continuità dei servizi di hosting, cruciali per quei business interamente fondati sul commercio elettronico o sull’informazione e la raccolta pubblicitaria online. Aruba, anche se in ritardo, sembra averlo capito, tanto da annunciare in una nota diffusa dopo le 22 di venerdì, l’apertura di una seconda web farm con l’ulteriore raddoppio degli impianti onde limitare l’impatto di eventuali incidenti sull’infrastruttura. Come quello capitato il 29 aprile i cui effetti si sono fatti sentire a più di due mesi di distanza.

Manuela Avino

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