TARIFFE. IN ATTESA DEL TAR SI TRATTA PER ABBONAMENTI IN CONVENZIONE (Il Manifesto)

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Dal vertice di giovedì sera a palazzo Chigi tra governo, editori e sindacato dei giornalisti Fnsi sull’abolizione delle tariffe agevolate per l’editoria esce una notizia e alcune promesse. La notizia è che il governo non rinuncia alla cancellazione totale e immediata dei rimborsi statali per le spedizioni postali di giornali, riviste, libri e corrispondenza di onlus e associazioni no profit.
Un azzeramento deciso alla chetichella il 30 marzo con un decreto interministeriale firmato Scajola-Tremonti e che si aggiunge all’abolizione del diritto soggettivo ai contributi diretti e il taglio dei rimborsi a radio, tv locali e giornali italiani all’estero. Di fatto, in due anni di governo, Tremonti ha smantellato pezzo dopo pezzo l’intero sistema dei finanziamenti pubblici al pluralismo e all’informazione nonostante le camere e una parte del governo abbiano deciso diversamente con leggi e proposte parlamentari.
Le promesse del governo sono tante e tutte da verificare. In sostanza si vuole passare dalle tariffe agevolate a quelle convenzionate. Un contratto privatistico pluriennale con Poste italiane in cui gli editori proveranno a spuntare, grazie alla mediazione del governo, prezzi coerenti a quelli di mercato. Sotto la regia di Gianni Letta, il dipartimento all’editoria di palazzo Chigi ha convocato per la settimana prossima le diverse associazioni di editori in incontri individuali con le Poste per verificare criticità e richieste di ogni singolo soggetto. Il mercato è molto vasto. I rimborsi postali valgono in tutto 250-270 milioni di euro all’anno. E per Poste (che nel 2008 hanno totalizzato quasi 5 miliardi di fatturato in servizi postali) è una fetta di business non secondaria. Soprattutto perché dal primo gennaio 2011 scatterà la liberalizzazione del settore comandata dall’Europa. In questo contesto vincolare oggi e per più anni clienti che spediscono decine di milioni di pezzi all’anno è tutto guadagno. Non a caso, l’ad di Poste Massimo Sarmi si è impegnato a garantire che le nuove tariffe si applicheranno anche retroattivamente dal 1 aprile. Facendo anche capire che il passaggio al nuovo sistema sarà graduale, e si potrà scaglionare in cinque anni un passaggio graduale dalla spesa attuale di 13 cent a copia ai 19-20 cent che per Poste costituiscono una tariffa ragionevole per la consegna di quotidiani. Inizialmente al vertice di giovedì si era deciso di dividere la trattativa in base ai prodotti editoriali: un tavolo sulle tariffe per i quotidiani, uno per le riviste, un altro per i libri. Binario a parte invece (e forse più in discesa) per la posta delle ong e delle onlus su cui, pare, Tremonti si è impegnato a garantire risorse certe. Si vedrà se a queste promesse seguiranno i fatti.
Molto arrendevole Fieg (editori di giornali), più combattiva Mediacoop, l’associazione di editori in coop e no profit, che va avanti nel ricorso al Tar contro il decreto.
Un ricorso fondato per due motivi essenziali, come fa notare il presidente onorario Lelio Grassucci. Il primo: c’è una legge dello stato (la 99 del luglio 2009) che impone al governo e a Poste di rimborsare gli editori secondo la tariffa «miglior cliente». Una legge inapplicata che non può essere cancellata da un semplice atto amministrativo. Attuarla, secondo Mediacoop, ridurrebbe i contributi postali a 70 milioni riducendo di tre quarti la spesa per lo stato.
Il secondo è che passare a questo tipo di mercato ibrido – né libero né assistito – rischia di soffocare un pluralismo che è tuttora difeso da diverse leggi mai abrogate. Una sorta di trattativa privata che – per esempio distinguendo con scaglioni piccoli e grandi (sp)editori – danneggi la piccola e media editoria a tutto vantaggio dei soliti 3-4 grandi gruppi. Una riforma «gattopardesca» che con la scusa dei tagli economici proceda a tagli molto ma molto politici.

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